Teatro dell’Opera di Roma: cosa dicono i licenziati. Coristi contro orchestrali

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Ottobre 2014 - 11:55 OLTRE 6 MESI FA
Teatro dell'Opera di Roma: cosa dicono i licenziati. Coristi contro orchestrali

Teatro dell’Opera di Roma: cosa dicono i licenziati. Coristi contro orchestrali

ROMA – Teatro dell’Opera di Roma, che ne pensano i 92 orchestrali e i 90 coristi licenziati da Ignazio Marino (sindaco di Roma e presidente del Cda) e Carlo Fuortes (sovrintendente del Teatro)? Raffaella Troili, sul Messaggero, ci fa vedere la notizia dal punto di vista dei licenziati.

Oltre alle prevedibili e giustificate recriminazioni sul fatto che l’amministrazione scarica sul Golfo Mistico le colpe della mala gestione che ha portato al maxi buco di bilancio, scopriamo che gli scioperanti non erano un fronte compatto. Innanzitutto non scioperavano tutti. C’era chi voleva accettare l’offerta dell’amministrazione e adesso si scaglia contro quelli che hanno detto sempre “no”. Coristi contro orchestrali:

“Coristi e orchestrali del Teatro dell’Opera espulsi in blocco, incassano il colpo, spiazzati, sorpresi. E si dividono, i primi oltre che cantare, parlano: furiosi con chi ha portato al licenziamento. I secondi, strumenti sulle spalle, si chiudono nel silenzio. Chi ha scioperato e chi non, poco prima di andare in scena, s’ignorano sullo stesso piazzale, spaccati fino alla fine, uniti dallo stesso dramma, il licenziamento. «Siamo stati penalizzati tutti, quando la maggior parte di noi era a favore del piano di rilancio e non aveva aderito agli scioperi. C’è chi è responsabile, ed è una minoranza, di aver esasperato il livello del conflitto», i coristi del Circolo Sel Luigi Petroselli ce l’hanno con Cgil e Cisal.

«Adesso hanno tirato la bomba nel mezzo e hanno colpito tutti», si rammarica Daniele Marcorelli, sempre del coro. […] «Perché non si va mai a colpire chi l’ha creato il buco?», si chiede Maurizio Scavone, altro corista. La rabbia è che «la maggioranza dei lavoratori del coro e dell’orchestra non ha mai aderito agli scioperi. Per un motivo deontologico, perché non siamo operai, perché facciamo parte di una categoria speciale, quella artistica». Divisi anche sull’orgoglio, tra chi ha cercato una mediazione fino all’ultimo e chi forse per lo stesso piglio, non è sceso a compromessi. «Siamo stati tenuti in ostaggio da una piccola parte di lavoratori che hanno fatto sciopero».

«Non possiamo parlare, altrimenti ci licenziano, siamo in Cina. Ah già: ci hanno già licenziati». Un capannello di orchestrali, vestiti di nero, si chiude a cerchio, volta le spalle. «Tanto hanno cominciato con noi, poi continueranno con gli altri enti. Peccato, dovevamo diventare un’eccellenza con Muti». A bassa voce, con dolore più che risentimento ripetono «io sono qui da 25 anni». Hanno tre mesi per capire come uscire e rientrare dalla finestra, con l’esternalizzazione dell’orchestra a gennaio. Francesco Melis, 56 anni, Uil Com, nel coro con un concorso nazionale vinto nel 1984, è desolato: «E’ una giornata nefasta, non avremmo mai immaginato che finisse così. Uil e anche Cisl avevano legittimato con il referendum il lavoro che si stava facendo. Ora dovremo costituire una cooperativa, ispirarci ai modelli europei. Che si salvi il teatro è importante ma dobbiamo salvaguardare anche i lavoratori, fino a ieri osannati per i risultati ottenuti. Tante famiglie sono cadute nel dramma».

Alle 20 la Cenerentola di Sergej Prokof’ev ha inizio, il sovrintendente Fuortes s’informa al telefono se tutto procede regolarmente. Orchestrali e coro sono al loro posto, non si sentono proteste, solo musica classica. «Ma lotteremo», promette qualcuno. «Qualche intoppo ci sarà» annuncia Marco Piazzai, 48 anni, primo trombone, da 23 tra i musicisti del Costanzi, segretario Fials-Cisal: «Ho dato arte e amore all’Opera di Roma e ora vogliono cacciarci. Siamo pronti a impugnare le lettere quando arriveranno. Nessuno si fa licenziare per essere riassunto a tempo determinato. L’articolo 18 è ancora in vigore»”.