Cesare Lombroso-Il Lato Oscuro: 21.45 canale 415 Sky documentario sul criminologo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Novembre 2014 - 12:43| Aggiornato il 10 Novembre 2014 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Cesare Lombroso – Il Lato Oscuro”: in onda alle 21.45 sul canale 415 di Sky (DeASapere HD) il primo documentario sul fondatore dell’antropologia criminale.

Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, medico antropologo, psichiatra e criminologo, nacque a Verona il 6 novembre 1835, terzo di sei figli. Il padre, Aronne, e la madre, Zefora Levi, erano ebrei sefarditi. Studiò nelle università di Pavia, Padova e Vienna. Partecipò come medico militare alle campagne contro il brigantaggio nel Meridione, dopo l’Unità d’Italia. Fu direttore dal 1871 dell’ospedale psichiatrico di Pesaro, poi fu chiamato dall’Università di Torino, dove fu professore di medicina legale e igiene pubblica (1876), di psichiatria (1896) e quindi di antropologia criminale (1905). Morì a Torino il 19 ottobre 1909.

Scrive di lui l’Enciclopedia De Agostini:

Sostenitore del metodo positivistico, si occupò di molteplici problemi sanitari legandoli alle particolari situazioni ambientali e sociali. I suoi studi sull’epidemiologia delle diverse regioni costituirono una delle principali fonti per l’elaborazione della legislazione sanitaria italiana. Tuttavia i lavori che dovevano dargli fama furono quelli di antropologia criminale. Lombroso intuì i rapporti esistenti fra criminalità e ambiente sociale ed educativo, ma, estremizzando le sue teorie, ne compromise l’originalità e la validità stessa: partendo infatti da una concezione materialistica, finì con l’identificare le cause della degenerazione morale e della delinquenza in precise anomalie fisiche (che vennero definite caratteri degenerativi lombrosiani). Anche se tale tesi non doveva poi resistere alle contestazioni più rigorosamente scientifiche, resta a Lombroso il merito di aver posto le basi di una nuova disciplina: l’antropologia criminale. Tra le opere: Genio e follia (1864) e il fondamentale L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza e alle discipline economiche (1876).

Wikipedia invece ne sintetizza così il percorso di ricerca:

Il suo lavoro è stato fortemente influenzato dalla fisiognomica, dal darwinismo sociale e dalla frenologia. Le sue teorie si basavano sul concetto del criminale per nascita, secondo cui l’origine del comportamento criminale era insita nelle caratteristiche anatomiche del criminale, persona fisicamente differente dall’uomo normale in quanto dotata di anomalie e atavismi, che ne determinavano il comportamento socialmente deviante. Di conseguenza, secondo lui l’inclinazione al crimine era una patologia ereditaria e l’unico approccio utile nei confronti del criminale era quello clinico-terapeutico. Solo nell’ultima parte della sua vita Lombroso prese in considerazione anche i fattori ambientali, educativi e sociali come concorrenti a quelli fisici nella determinazione del comportamento criminale.

Sebbene a Lombroso vada riconosciuto il merito di aver tentato un primo approccio sistematico allo studio della criminalità, tanto che ad alcune sue ricerche si ispirarono Sigmund Freud e Carl Gustav Jung per alcune teorie della psicoanalisi applicata alla società, molte delle sue teorie sono oggi destituite di ogni fondamento.

La scienza moderna ha infatti dimostrato che sia l’ambiente sia i geni influiscono sull’aspetto fisico, ma che quest’ultimo non influisce sul comportamento, determinato invece primariamente dalle esperienze cognitive dell’individuo. Pertanto, la dottrina lombrosiana è attualmente considerata pseudoscientifica.

Un lato meno indagato delle sue ricerche toccò il rapporto fra genio e follia, e sulle sottili differenze che distinguevano i matti dai genii, e i genii un po’ matti dai genii completamente pazzi:

In una pubblicazione di Lombroso al riguardo, Sulle malattie proprie degli uomini dati ai lavori intellettuali, è concepito il legame tra genio e follia, che aveva collegato a questi due fattori anche peculiarità fisiche riscontrate dal Lombroso nei pazzi. Nei vari manicomi in cui condusse le sue analisi, il Lombroso, oltre a trovare le tare ed i difetti, le anomalie individuali, aveva trovato anche lampi di genialità e passione, coltivando ipotesi che per certi versi lo allontanavano un po’ dalla teoria epilettica. Era stato molto colpito dalle idee dei pazzi, dai loro lavori ingegnosi e dai loro calcoli prodigiosi, continuando sulla strada secondo cui tra i pazzi abbonderebbero i fondatori di religioni e partiti come, ad esempio, Lutero, Savonarola e Giovanna d’Arco. Le distrazioni dei genii erano ritenute dal Lombroso come momenti di assenza epilettica, così come le loro visioni notturne (in Dostoevskij, Maupassant, Musset), le malinconie (Voltaire, Molière, Chopin, Giusti), i tentativi di suicidio (Rousseau, Cavour, Chateaubriand), le megalomanie (Maometto, Colombo, Savonarola, Bruno), la timidezza (Leopardi), l’amore infantilistico (Dante, Alfieri, Byron).

Fisicamente il Lombroso asseriva la predominanza tra i geni di caratteristiche quali il pallore, la magrezza o l’obesità, l’essere rachitici, sterili o celibi, di cervelli per la maggior parte di volume superiore alla media e con deformità (come le suture anormali nel cranio di Volta); esistevano poi anche casi in cui i genii erano totalmente ed irreversibilmente pazzi, non soltanto in alcuni momenti o in manifestazioni latenti, si vedano gli esempi di Tasso, Gogol, Ampère, Kant e Beethoven. Tuttavia, insieme a queste analisi caratteriali, il Lombroso sosteneva anche alcune teorie più opinabili, come ad esempio quella che le grandi variazioni barometriche e la canicola influenzerebbero la pazzia e le grandi scoperte o le osservazioni più acute (adducendo come esempi i casi di Malpighi e Galvani).

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Mentre la parte più nota degli studi lombrosiani fu quella sul rapporto fra deliquenza e alcune caratteristiche genetiche innate, teorie largamente smentite dagli studi successivi:

Dal 1876 divulgò la propria teoria antropologica della delinquenza nelle cinque successive edizioni de L’uomo delinquente, che successivamente espanse in un’opera in più volumi. Tra i massimi studiosi di fisiognomica, Lombroso misurò la forma e la dimensione dei cranii di molti briganti uccisi e portati dal Meridione d’Italia in Piemonte, concludendone che i tratti atavici presenti riportavano indietro all’uomo primitivo. In effetti quella che sviluppò fu una nuova pseudoscienza che si occupava di frenologia forense. Egli dedusse che i criminali portavano tratti anti-sociali dalla nascita, per via ereditaria, cosa che oggi si considera del tutto infondata. Da notare che Lombroso aveva sviluppato la teoria dell’atavismo un anno prima della pubblicazione de L’origine delle specie di Darwin (1859).

Di fatto il suo lavoro nella prima metà del XX secolo venne strumentalizzato nel contesto dell’eugenetica e da certe forme di “razzismo scientifico”. Lombroso sostenne sempre con forza la necessità dell’inserimento della pena capitale all’interno dell’ordinamento italiano. Riteneva infatti che se il criminale era tale per la sua conformazione fisica, non fosse possibile alcuna forma di riabilitazione, individuando in tal modo l’obiettivo cui il sistema penale doveva tendere per la sicurezza della società.

[…] Al centro della nuova scuola antropologica stavano le concezioni del Lombroso a proposito dell’uomo delinquente, distinto dall’alienato non delinquente, concepito dapprima come un superstite selvaggio. Oltre al delinquente nato c’erano, per il Lombroso, il mattoide ed il delinquente di occasione. Antropologicamente il delinquente appariva come un primitivo più prossimo ai primati infraumani, capace di compiere azioni un tempo ritenute oneste, ma considerate delitti dalla società contemporanea con la quale si trova a contatto. I caratteri che manifestano l’atavismo e la degenerazione sarebbero esplicitati fisicamente dalla presenza di caratteristiche quali le grandi mandibole, i canini forti, gli incisivi mediani molto sviluppati a discapito dei laterali, i denti soprannumerari o in doppia fila (come nei serpenti), gli zigomi sporgenti, le prominenti arcate sopraccigliari, l’apertura degli arti superiori di lunghezza superiore alla statura dell’individuo, i piedi prensili, la borsa guanciale, il naso schiacciato, il prognatismo, le ossa del cranio in soprannumero (come negli Incas, nei Peruviani e nei Papua) ed altre anomalie fisiche e scheletriche nonché caratteri funzionali diversi da quelli dell’uomo evoluto; ad esempio una minore sensibilità al dolore, una più rapida guaribilità, maggiore accuratezza visiva e dicromatopsia ed anche tatuaggi ed accentuata pigrizia.

Particolari alcune ricerche condotte da Lombroso:

Alcuni degli studi più strani effettuati da Lombroso nel corso della sua vita di ricercatore furono La ruga del cretino e l’anomalia del cuoio capelluto, L’origine del bacio, Perché i preti si vestono da donne. Nel 1891 pubblicò, in collaborazione con Filippo Cougnet, un libro intitolato Studi sui segni professionali dei facchiniIl cuscino posteriore delle ottentotteSulla gobba dei cammelliSulla gobba degli zebù e nel 1896 un lavoro su Dante epilettico. Un importante collaboratore “involontario” di Lombroso nei suoi studi fu Giuseppe Villella, nato a Motta di Santa Lucia e morto presumibilmente a Pavia, pluripregiudicato per incendio e furto e sospettato di brigantaggio. Fu dallo studio autoptico del suo cadavere che Lombroso scoprì la cosiddetta “fossetta occipitale mediana”: l’anomalia della struttura cranica fonte, a suo dire, dei comportamenti devianti del “tipo criminale”. Anche i resti di Lombroso sono conservati nel Museo di antropologia criminale “Collezione Lombroso” presso l’Istituto di medicina legale a Torino, per sue ultime volontà: l’intero scheletro in una teca e la testa priva di cranio, in formalina.

Fra le parti meno note e più valide degli studi di Lombroso, quelle sulla criminalità evolutiva e sulla psicologia collettiva:

Nella fase più matura del suo pensiero, dopo il 1890 e sotto la spinta di clamorosi fatti di cronaca quali lo scandalo della Banca Romana (1892-93), Lombroso giunse ad elaborare il concetto di criminalità evolutiva, quale tipologia di delinquenza propria della civiltà avanzata. Egli individuò nei reati economici, nella truffa in particolare, la manifestazione delinquenziale tipica delle società moderne. Nel saggio del 1893 intitolato Sui recenti processi bancari di Roma e Parigi, scritto con Guglielmo Ferrero, affermò che: «…la truffa è una trasformazione evolutiva, civile, se si vuole, del delitto, che ha perduto tutta la crudeltà, la durezza dell’uomo primitivo di cui il reo-nato è l’immagine, sostituendovi quell’avidità, quell’abito della menzogna, che vanno sventuratamente diventando un costume, una tendenza generale, salvo che in costoro è più concentrata e con intenti più dannosi (…) Invero se passiamo dalle vallate remote alle città e dalle città piccole alle capitali, vediamo, dal più piccolo al più grande, farsi sempre più gigante la menzogna commerciale, la truffa, insomma, in piccola scala; e nelle società più elevate, sotto forma di Banche per azioni, la truffa vera, gigantesca, è in permanenza alle spalle dei gonzi, garantita coi nomi più altisonanti e più venerati se non venerabili».

Lombroso si rendeva conto che per spiegare tali fenomeni non si poteva ricorrere ai caratteri criminali atavici o degenerativi, ma occorreva considerare la figura del delinquente occasionale, su cui influivano soprattutto fattori ambientali, sociali e culturali, in questo anticipando gli studi sulla criminalità economica, che avrebbero trovato una matura espressione circa mezzo secolo più tardi.

Il Sighele, considerato uno dei fondatori della psicologia collettiva in Italia, riconobbe i meriti del Lombroso in questo settore. Infatti il Lombroso anticipò, per certi elementi, la vera e propria psicologia collettiva: secondo lui l’aggregato non riproduceva sempre pedissequamente i caratteri degli individui che lo compongono (tesi invece sostenuta dallo Spencer), ma talvolta li modificava, snaturandoli in modo peggiore o migliore del loro stato naturale; un esempio addotto come probante era quello che in un gruppo di persone ‘onorate’ solitamente non si osserva la somma delle loro virtù, bensì la loro sottrazione.

Secondo il Sighele le opere più rappresentative del Lombroso per quanto riguarda la psicologia collettiva sono Il delitto politico e le Rivoluzioni e La Delinquenza nella Rivoluzione Francese, dove vengono considerati accuratamente i rapporti tra follia e criminalità, la follia endemica ed epidemica nel contesto delle rivolte e delle rivoluzioni, i criminali politici per suggestione epidemica delle masse, l’anima collettiva e l’influenza che ha su di essa il fenomeno dell’imitazione, del contagio morale e della suggestione, l’obiettivo nobile che si ritiene perseguibile unicamente e doverosamente attraverso i reati, in linea con la convinzione che la psicologia delle scienze, come quella delle leggi e delle istituzioni in genere fosse un ramo di una psicologia delle menti associate, quasi una struttura sovrapposta alla più diretta psicologia delle menti individuali.

Come abbiamo visto, la vita e le opere del Lombroso danno moltissimi spunti. Inevitabile che il documentario in onda sul canale 415 della piattaforma Sky, che dura 55 minuti, non li sviluppi tutti. Questa in sintesi la presentazione del lavoro:

L’esclusivo documentario, in prima tv, è stato realizzato in collaborazione con il Museo di Antropologia Criminale «Cesare Lombroso» dell’Università di Torino. Nel documentario verranno esplorati alcuni momenti salienti della vita, degli studi e delle teorie di Lombroso, considerato da molti un genio e da molti, al contrario, un “ciarlatano”. Le telecamere di DeASapere Hd avranno accesso ai suoi effetti personali, ai reperti delle sue indagini e ad immagini inedite – e avveniristiche per l’epoca – del suo lavoro con i pazienti psichiatrici. Ma il documentario “Cesare Lombroso-Il Lato Oscuro” sarà soprattutto un viaggio alla scoperta del suo lato oscuro e di ciò che per Lombroso andava oltre la scienza, come l’interesse per i fenomeni medianici e la frequentazione di sedute spiritiche nella Torino post unitaria agitata da conflitti e grandi mutamenti storici e culturali.

All’interno di “Cesare Lombroso-Il Lato oscuro” sono presenti anche le immagini tratte dal documentario “La Neuropatologia”, un filmato inedito ed unico nel suo genere, disponibile presso la Fototeca del Museo Nazionale del Cinema di Torino. Girato tra il 1906 e il 1908 è il primo documentario realizzato da Camillo Negro, allievo di Lombroso, all’interno di una struttura psichiatrica in Italia e nella fattispecie all’interno della “Piccola casa della divina Provvidenza” meglio conosciuta come il Cottolengo di Torino. “La Neuropatologia” è stato proiettato per la prima volta nel 1908 in un cinema torinese e a tale proiezione ha assistito anche Cesare Lombroso. Il documentario “Cesare Lombroso-il lato oscuro” nasce da un’ idea di Alessandro Rocca, sviluppata assieme a Gianluca de Angelis. Entrambi ne curano anche la regia. “Cesare Lombroso-Il lato oscuro” è una produzione Tekla per DeASapere Hd. Sapere.it, il sito ufficiale di DeASapere Hd, ospiterà approfondimenti, foto, news e materiale inedito di backstage sul documentario.