Enrico Lucci: “Berlusconi? Un imprenditore visionario ma…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Febbraio 2016 - 09:08 OLTRE 6 MESI FA
Enrico Lucci

Enrico Lucci

ROMA – Enrico Lucci delle Iene viaggia verso il millesimo servizio e, intervistato da Malcom Pagani del Fatto Quotidiano, ripercorre la sua carriera: “Con Le Iene, in vent’ anni di guerriglia, arretramenti, avanzamenti e archiviatissime querele, ne ho realizzati circa 900. Alcuni erano belli, altri pessimi. Mi sono divertito e annoiato, ho litigato, fatto pace e sono sceso anche a compromessi perché niente è immobile e ogni cosa va conquistata. La libertà non te la regala nessuno e io sono contro l’ idea della purezza. Di ogni purezza. Bisogna sforzarsi di capire, cercare la sintesi nelle cose”. Beve caffè: “Con la tazzina riscallata sennò se fredda subbito” e fuma un sigaro in faccia al fiume.

17 febbraio, compleanno numero 52. Sarà una festa parca. Un po’ perché sono diventato monogamo, un po’ perché ho pochi amici – tre in tutto – un po’ perché anche se ne avessi tanti scapperei. Sò pigro da morì.

Pigro quanto? Pigrissimo. Mi piace lavorare di domenica, quando gli altri riposano. L’ho sempre fatto, anche quando trafficavo da cameriere o da barista.

La sua famiglia?

Civile, dignitosa e provinciale. Quattro fratelli, tre maschi e una femmina. Un padre pellaro, Beltrando, e una madre maestra elementare, Agrippina. Se le venisse il dubbio, i nomi sò veri.

Pellaro?

Quello che girava per fattorie e mattatoi per prendere la pelle delle vacche, portarla in un magazzino, salarla, essiccarla, e poi spedirla in conceria. Ci sono cresciuto nei mattatoi.

Che odore c’ è nei mattatoi?

Puzza de mmerda e de sangue. Dentro trovavi solo avanzi di galera. La peggiore umanità. Papà parlava con gli scortichini, quelli che toglievano la pelle alla vacca acchiappandola per le zampe posteriori, poi fatti gli accordi caricava il bottino sul furgone. Sono posti di un fascino incredibile i mattatoi.

Lei però andò all’Università.

Sono stato il primo della stirpe dei Lucci a laurearsi. Però non voglio neanche fà la retorica delle umili origini. Quelli che attaccano con la storia che sò venuti su dal nulla sono insopportabili. ‘Sta pippa dell’ estrazione popolare è diffusissima e sta a diventà una piaga. Detesto quelli che ti spiattellano le difficoltà economiche di ieri almeno quanto i finti intellettuali che si vergognano della villa regalata loro da papà. Detesto la falsità di chi indossa una maschera per sembrare qualcosa che non è. Se tuo padre t’ha regalato la villa, goditela. Non fare il coglione e non ci tormentare con i sensi di colpa.

Della provenienza non mi importa niente e non giudico mai. Non è che se vieni dai Parioli sei stupido e se sei nato in periferia ti danno il Nobel. Contano le persone. Conta l’ intelligenza. L’ intelligenza mi interessa. È interclassista.

Tesi di laurea sul compromesso storico nel Pci.

Mi interessava il pragmatismo del Pci. La solidità del partito contro mode ed estremismi. Negli anni 70 la sinistra extraparlamentare, tutta o quasi miliardaria, inneggiava alla rivolta contro un partito di gente normale votato da milioni di persone. Tra gli indiani metropolitani e Zangheri, sindaco di Bologna nel ’77, io sarei stato con Zangheri e quindi con la serietà. Ci faccia caso: tutti quelli che allora erano contro, 30 anni dopo si sono trovati a destra inaugurando il delusismo di sinistra.

Il delusismo?

Ma certo. Gente delusa da tutto, come in Caro Diario di Moretti quando i suoi coetanei si lamentano con l’Optalidon in mano della giovinezza perduta e lui corre in Vespa dicendo di sentirsi diverso: ‘Voi gridavate cose orrende e violentissime nei cortei e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne’. I figli, gli eredi di quella parodia lamentosa, tutti con il culo parato, li ho incontrati all’ Università. Avevano i foulard di seta e la fronte aggrottata. Dicevano tante cose e non dicevano niente perché non credevano a niente.

 I suoi miti erano altri?

Il mio mito era Gino Cesaroni, l’ex sindaco comunista di Genzano, anche detta la piccola Mosca. Un contadino analfabeta che era diventato colto e aveva letto più libri di me e di lei messi insieme. Un uomo concreto che aveva fatto costruire il primo asilo nido del paese e il palazzetto dello sport. Cose che migliorano la vita alla gente. Perché a questo dovrebbe servire la politica: a migliorare la vita alla gente. Per me il socialismo era aprire la biblioteca per farci studiare i fuorisede.

Ai rivoluzionari della Pantera dell’asilo nido non fregava niente?

I rivoluzionari amavano soltanto l’ autocelebrazione e lo sfascionismo. Erano di un’ arroganza terribile. Spaccavano i fax, rompevano i telefoni, ambivano soltanto a invadere il rettorato e a sedersi sulla sedia del capo. Che poi mi chiedo: perché devi rompe il telefono? Che devi dimostrà? La verità è che spaccare tutto per non cambiare niente e tornare poi a casetta da mamma e papà era molto comodo. Di strategie intelligenti per contrastare il potere neanche l’ ombra. Stavo perdendo tempo. A dicembre mi laureai e non li vidi più.

Come arrivò a lavorare in tv?

Partii da Genzano. Il direttore della tv si chiamava Nando Agostinelli. Con la legge Mammì le private erano obbligate a fare un tg. Iniziai così, con un servizio sulla situazione industriale di Pomezia. In verità volevo andare a Roma. Anche a fare lo spazzino. Roma era l’ immensità, il sogno, la fica. Mi dissi una cosa semplice.

Quale?

‘O me do da fà o rimango qui tutta la vita’. Mi sforzai di pensare: ‘Chi è la persona più importante e conosciuta che ho incontrato in vita mia?’. Dieci mesi prima, durante l’ occupazione dell’ Università, mi aveva intervistato brevemente Claudio Ferretti in studio al Tg3. ‘Come cazzo posso aggrappamme a un minuto di tv di mesi fa?’. Mi ci aggrappai. Telefonai alla Rai. Ferretti – miracolo – rispose: ‘Si ricorda di me?’. ‘No’.

E poi?

Lo convinsi non so come a ricevermi in via Teulada. Mi presentai con la cassetta del servizio su Pomezia e non appena messa nel Vhs, la cassetta si spaccò. Mi vergognavo, ma Ferretti fu straordinario. Accomodò il nastro con il montatore. Da allora e per tre anni gli ruppi il cazzo ogni 10 giorni.

E Ferretti?

Ha presente la bontà d’ animo gratuita? Ad agosto del ’93, a un passo dall’ idea del chiringuito in Sudamerica come unica alternativa al suicidio, mi decido a disturbarlo per l’ ultima volta per chiedergli un lavoro. All’epoca ero a Videouno e Claudio era stato appena nominato caporedattore. Fu interlocutorio. Due giorni dopo tornai a casa e mia madre mi disse: ‘Ti ha telefonato uno della Rai’. Arrivarono 4 anni di contratto. A Ferretti non devo dire grazie, gli devo tutta la mia vita. Ascoltò e diede fiducia a uno sconosciuto che poteva rivelarsi una sòla. La verità è che ho avuto il culo di incontrare persone meravigliose che mi hanno rivoluzionato la vita.

Lucci è un moralista?

Che significa moralista? In fin dei conti mi piace raccontare quello che c’ è. La cosa migliore è lavorare di sottrazione. Sparire. Meno sto nel servizio e più il servizio è riuscito. Certe volte basta tenè il microfono e i miei intervistati fanno tutto da soli.

E cosa dimostrano?

Che in questo momento storico la grande scemenza universale sta vincendo la partita. Ma la storia non è una linea retta. Le cose cambiano.

La grande scemenza universale, diceva.

La gente crede agli oroscopi e a Padre Pio, ma si rende conto? Roba da pazzi. Capisco i vecchi e portando mia nonna a messa non le dicevo certo: ‘Ma che credi davero a ste cose?’ però qui stiamo parlando di fenomeni collettivi che non si spiegano. Papa Francesco, che dice cose anche giuste, si è accorto che esiste lo sfruttamento dell’ uomo sull’ uomo e che la guerra è brutta. Tutti ad applaudire, ma sò cose che il socialismo predica da sempre. L’ emancipazione della donna e i diritti dei lavoratori non è che sò arrivate con le preghiere a Francesco, il Papa copia e incolla. Sa chi domina?

 Chi domina?

Il conformismo. Oggi sò tutti liberali o anarchici che praticamente significa che stanno con una chiappa di qua e una di là. I giornalisti di sinistra si ritengono liberal perché vestono la stessa camicia bianca dei liberal americani. È tutta estetica. Ma le conquiste non sono arrivate con un pranzo a L’ Ultima Spiaggia e per cambiare la storia ti devi sporcare le mani. Nel contrasto, anche violento. Perché la storia si fa anche così. Con le mazzate. Con gli Stalin che nessuno nega siano stati spietati, ma servivano. E non è vero che ieri fosse meglio. Vallo a dire ai cinesi, agli indiani, a mia madre – che la propria rivoluzione la fece quando mangiò per la prima volta una pizza con le amiche – che non è successo niente di bello. Ti direbbe, con ragione, che il mondo di oggi è migliorato e nonostante tutte le sue schifezze, forse è il migliore dei mondi che ci sia mai stato.

Lucci, il Pci non c’ è più.

Ed è drammatico che gli intellettuali di Roma centro e i moderni eredi del Pci non abbiano difeso il loro patrimonio quando è crollato tutto. Veltroni pensava a raccogliere per L’ Unità le figurine Panini e andava a dire in giro: ‘Non sono mai stato comunista’. Ma che sei scemo? Dì che le cose sono cambiate, che è inutile rimpiangere, ma non buttare via tutto senza rispetto. In sezione avevamo Lione. Quando faceva il muratore, una delle tre lire guadagnate la spediva in Russia per la rivoluzione dei lavoratori. La gamba gli era partita in gioventù e sullo sgabello che i compagni gli davano per appoggiarla non appena entrava in sezione, Lione raccontava queste storie commoventi.

Storie di persone vere. Per me il comunismo sò state queste storie straordinarie.

Lei è ideologico?

Assolutamente sì, l’ ideologia è una cosa meravigliosa.

Lei è nostalgico?

La nostalgia mi fa schifo.

E lavorare da comunista per il denaro di Berlusconi non le ha fatto schifo?

See vabbè, ma se volevi fà la tv commerciale con chi la dovevi fà? Ho lavorato per Mediaset, non per Forza Italia. Che me fregava di che pensava politicamente Berlusconi?

Lei voleva fare tv commerciale?

A fà i comunisti con i soldi pubblici di RaiTre sò buoni tutti. Un comunista doveva lavorare nella tv commerciale, non nel salottino di nicchia. A Mediaset, tra Freccero, Giovalli, Gori e Ricci, di gente di sinistra ne arrivò tanta.

Tutti assunti da Berlusconi.

Un imprenditore strepitoso che capì con 30 anni di anticipo dove stava andando la società italiana mentre quelli di sinistra presenziavano ai cocktail. Un visionario e un pessimo politico. Ma questa è un’ altra storia.

Che storia?

Diceva di essere stato il migliore in 150 anni di Unità d’ Italia e si è rivelato il peggiore.

Mai una censura?

Gliel’ ho detto. La libertà non è in regalo. I nostri interessi non hanno coinciso con quelli di Berlusconi e ci sono state anche le censure, ma ci siamo fatti furbi. Se la prima volta ti inculano, impari a spostarti. Tutti facciamo compromessi con la realtà, ma bene o male ho cercato di evitare di contenermi. È la mia natura fin da piccolo. Sono sempre stato un cagacazzi.

Berlusconi le è simpatico?

Fica. Pallone. Tra i più simpatici di sempre. Lo vedi e capisci perché tra mille stronzi supponenti e conformisti di sinistra, qualcuno alla fine si sia buttato a destra.

Lucci, il suo telefonino avrà 10 anni.

È vecchio e basico, ma mi basta.

Non le piace l’oggetto?

L’ oggetto è un’ invenzione miracolosa. Io sono un vero progressista: scienza, tecnologia e invenzione mi commuovono.

Però?

Però vedo la parte che c’è dietro il luccichio.

E com’ è la parte dietro il luccichio?

Un’ inculata. Una fregatura. Il telefonino è utile, ma sei ci stai sempre attaccato sei un deficiente.

Pensa lo stesso dei social network?

I social sono piattaforme interessantissime, se ci passi tutto il giorno sei uno scimunito.

Lei preferisce non esserci.

Straripano di frustrati, di fascisti, di gentaccia avvelenata che tramite il computer ha trovato una maniera per esistere e spargere merda nei ventilatori. Per non parla’ del resto.

Quale resto?

Non sono un complottista né un dietrologo, ma tramite l’allegro uso della modernità siamo arrivati a una schedatura di massa planetaria e indiscriminata. E sa qual è la cosa più bella? Che la schedatura è volontaria. Hanno convinto le persone che mettersi su un palcoscenico senza filtri e raccontare i cazzi propri fosse meraviglioso. Una follia. Abbiamo criticato per anni il Kgb e i sistemi totalitari e oggi, alla fine, eccoci qui. Monitorati e felici. In questi anni ho capito una cosa.

Cosa ha capito?

Che il futuro è la privacy. È l’ anonimato. Meno sarai ovunque e più libero sarai.

Lei è libero?

Sono un privilegiato. La mia parte pubblica inizia con il servizio e finisce sulla sigla di chiusura.