Gubitosi: Lilli Gruber, Giorgio Gori & C, in Rai non c’è trippa

Pubblicato il 13 Aprile 2013 - 13:33 OLTRE 6 MESI FA
Nathan ernesto

In Rai come nella Roma di Ernesto Nathan: “Non c’è trippa…”

Non c’è trippa alla Rai per Lilli Gruber e altri profughi da LA7, o per Giorgio Gori profugo da Matteo Renzi, come per i gatti del sindaco di Roma Ernesto Nathan un secolo fa. Se ci sarà un esodo di divi da La7 Urbano Cairo style, non sarà la Rai la loro terra promessa, a credere alle parole di Luigi Gubitosi, direttore generale della Rai, come le ha riferite Osvaldo De Paolini sul Messaggero di Roma.

Alla domanda di De Paolini:

“Si parla dell’arrivo di Giorgio Gori. Anche di Lilli Gruber. E di altri ancora provenienti da La7”,

Gubitosi ha risposto:

“Sono tutti ottimi professionisti. Ma non abbiamo alcuna discussione con loro. Nè pensiamo di averne”.

De Paolini:

“Però dall’esterno avete già fatto qualche assunzione”.

Gubitosi:

“In linea di massima abbiamo sempre privilegiato scelte interne. Solo in alcuni casi abbiamo assunto professionalità non presenti in azienda, tra cui il direttore finanziario e il direttore dell’audit, figure con competenze non reperibili all’interno. Oltre naturalmente al direttore del Tg1, Mario Orfeo. Per il resto, soprattutto nell’area editoriale, visti i livelli di professionalità non c’è bisogno di cercare all’esterno”.

Come se in una azienda con migliaia di ragionieri e di giornalisti, non ne avessero trovato uno adatto al profilo: meglio dire che non si fidavano e che il direttore dell’ammiraglia dei telegiornali non glielo lasciano scegliere al management, ma gli arriva il nome in busta chiusa da palazzo Chigi.

Nella lunga intervista, Luigi Gubitosi elenca, come scrive De Paolini,

“le 35 innovazioni da lui introdotte che stanno cambiando il volto della Rai, mentre sottolinea che «in 24 mesi saremo in grado di assorbire la perdita di 250 milioni prevista nel bilancio 2012, per arrivare all’equilibrio economico già alla fine del 2014»”.

L’intervista segue un articolo rivelazione di Aldo Fontanarosa su Repubblica, più o meno sullo stesso tono trionfalistico. Non è la prima volta, da Flavio Cattaneo a Mauro Masi a Lorenza Lei. Ora tocca a lui. Ha scritto Aldo Fontanarosa:

“Pareggio dei conti nel 2014 e «solido ritorno all’utile» nel 2015. Il nuovo Piano Industriale della Rai — che il Consiglio di amministrazione approva con voto unanime — inizia con una scommessa sul futuro. Oggi le gravi difficoltà di bilancio ci sono tutte. Il 2012 di Viale Mazzini si chiude con quasi 200 milioni di rosso, cui si aggiungono i 53 milioni legati al Programma di prepensionamenti dei dipendenti anziani (lasciano in 400). Ma una saggia politica di tagli — nei centri di produzione e alla voce acquisti, ad esempio — permetterà il “miracolo” nei conti. Il direttore generale Gubitosi arriva a promettere un approdo agli utili tra due anni, nel bilancio 2015. Prima di allora, la televisione di Stato si prepara a un 2013 di bufera visto che la raccolta pubblicitaria minaccia di flettere tra il 15 e il 20 per cento. E c’è poi la variabile politica”.

Il pezzo di Fontanarosa è un po’ troppo acritico. Non si accorge che dalla Sipra viene una grave minaccia proprio al suo giornale, Repubblica, e non legge tra le righe quando scrive:

“A proposito dell’offerta televisiva, il Piano industriale ordina una svolta per il palinsesto estivo, dal quale saranno bandite le repliche ossessive e i fondi di magazzino in bianco e nero. La tv di Stato deve lavorare ad un’offerta originale ed anticonformista, affidata anche ad autori emergenti”.

Qualche commessa agli amici degli amici era necessaria, anzi vitale, in questi tempi di tagli al Minculp.

Poi il mito:

“Circa 50 milioni saranno spesi per rinnovare le dotazioni “da campo” dei giornalisti, dalle telecamere alla stazioni mobili (le “fly”) per le dirette. I cronisti, in compenso, dovranno sposare in pieno la multimedialità e cimentarsi da soli, ad esempio, nelle riprese video come avviene nelle migliori tv pubbliche europee”.

E dove li mettete i burocrati che si annidano nei misteriosi corridoi di viale Mazzini e Saxa Rubra, quelli che una volta chiamavao “i funzionari”:

E’ lotta aperta – ancora – alla burocrazia. Il Piano denuncia che molte decisioni non hanno un “padre”. Firmano talmente tante persone che nessuna, alla fine, è veramente responsabile. Un andazzo che non si addice ad un’azienda, ad una televisione normale”.