Le Iene, Pier Silvio Berlusconi: “Alzare il livello di sensibilità”. Mission impossible

Le Iene, il suicidio di Roberto Zaccaria dopo quello di Daniele, Pier Silvio Berlusconi: "Come editore dico non deve più succedere, bisogna alzare il livello di sensibilità".

di Lucio Fero
Pubblicato il 11 Novembre 2022 - 09:38 OLTRE 6 MESI FA
Le Iene, Pier Silvio Berlusconi: "Alzare il livello di sensibilità". Mission impossible

Le Iene, Pier Silvio Berlusconi: “Alzare il livello di sensibilità”. Mission impossible FOTO ANSA

Pier Silvio Berlusconi è l’editore, la grande azienda è Mediaset, il caso è quello di due suicidi collegati in sequenza, a tessere la sequenza anche il filo tessuto dalla trasmissione Le Iene. Ciò che secondo l’editore “non deve succedere più” è che qualcuno soggetto al massaggio informativo de Le Iene decida di togliersi la vita. La missione impossibile che Pier Silvio Berlusconi assegna a Le Iene è quella di “alzare il livello della sensibilità”. Impossibile non solo per Le Iene ma per tutte le testate e le teste dell’informazione/intrattenimento.

Equazioni false e inscalfibili

Un giovane crede a lungo di avere un rapporto affettivo solo via web con una ragazza. Scopre che la ragazza è un uomo di 60 e passa anni, il tracollo emotivo cala sulla sua evidente fragilità e il giovane cui è stato dato il nome di Daniele si uccide. Le Iene decidono che la falsa ragazza e il vero sessantenne sono un titolo, un servizio, un’occasione, una opportunità professionale. Lo scovano, lo identificano, lo inseguono e raggiungono. Ne mostrano durante il servizio televisivo l’habitat, lo rendono facilmente riconoscibile nella sua comunità. E anche Roberto Zaccaria si uccide. Basso livello di sensibilità nell’azione de Le Iene come dice l’editore de Le Iene? La sensibilità c’entra ma viene dopo, molto dopo. Prima vengono le equazioni. Eccole: l’informazione è sacra e quindi intoccabile e indiscutibile. Cosa è l’informazione? L’informazione è quel che facciamo noi.

Tutto quello che facciamo noi è informazione. Noi chi siamo? Quelli che fanno informazione che ha successo di pubblico. Informazione e successo di pubblico coincidono, son fatti della stessa sostanza. E comunque, qualunque cosa noi si faccia, è sempre informazione perché l’abbiamo fatta noi. Corollario: lo facciamo per voi, per voi cittadini, la nostra è una missione oltre che una professione. Non per noi, non per i nostri dati di vendita o di audience o per nostra carriera, retribuzione o vanità. Lo facciamo per voi, qualunque cosa facciamo è per i vostri diritti. Nessuno può giudicarci se non l’unico metro di giudizio valido, credibile, giusto: i dati di ascolto, le copie vendute, i contatti web. Questa è l’etica, il resto è fuffa. Sono equazioni fondanti e inscalfibili nel pensare e agire a Le Iene e in tutte le testate e teste preposte all’informazione/intrattenimento. Cioè talk-show politici e non, cioè buona parte della tv del pomeriggio, cioè gran parte delle seconde serate, cioè una quota rilevante della titolazione quotidiana dei quotidiani, cioè la quasi totalità delle notifiche via web. Equazioni che equiparano la stima di valore e la programmazione di mercato della merce informazione a quella di qualunque altra merce: il più bravo è quello che vende di più. Cosa venda risulta alla fine relativo, indifferente, trascurabile.

Dal microfono al citofono

Si è cominciato col microfono in strada (o in Parlamento), col ci dica qualcosa, qualunque cosa. Poi si è andati a suonare ai citofoni e a far sentire il nulla annunciando: non rispondono ma si sente il respiro. Si è praticato in massa il grottesco domandare in pubblico: “Lei cosa prova” rivolto a parenti delle vittime ancora calde, si è fatto del rincorrere ansimanti un qualcuno l’essenza del giornalismo investigativo (anche l’informazione politica in tv trova il suo acme nel gruppone modello lavavetri al semaforo che circonda, tampina, questua un “parlato” al politico che passa). E, man mano che aumentava la quota show del prodotto, si elaborava pomposa esaltazione  asserita della quota informazione. I meccanismi della corporazione (una come le altre tra le tante quella degli addetti all’informazione) hanno dato una mano, ma la scelta non è stata in prima battuta sindacal-corporativa. E’ stata scelta aziendale, culturale e politica: la gente ha sempre ragione, il cliente ha sempre ragione, gente cliente ama lo show, che show tira e attira di più della caccia, cattura e gogna? Sia chiaro, scelta aziendale delle aziende e non certo solo di Mediaset, della cultura bassa che ha scacciato la cultura alta declassandola a rango di una cultura tra le altre, della politica tutta intesa come res publica e tutta devota se non adepta del populismo. 

La sensibilità…

Viene dopo, molto dopo o molto, molto prima. Non tocca ad una legge o ad un magistrato o a un codice aziendale o di categoria. Se dentro di te ti senti al lavoro e niente altro quando ti apposti e poi fai “tana” all’obiettivo umano con le telecamere e i microfoni, se senti che il tuo lavoro è mostrare agli spettatori l’umano che fugge in evidente odor di colpevolezza o reticenza che per te è lo stesso, se senti che è buona, giusta e pure remunerativa cosa punire con quello che una volta si chiamava pubblico ludibrio chi non risponde al tuo pubblico interrogatorio, se ti senti esaltato e non umiliato dal doverti esibire in una professione mixata tra il lavavetri, il clown e il piazzista, allora di sensibilità che te ne parlano a fare? Non ce l’hai verso te stesso, come puoi averla verso il prossimo?