Litizzetto, lettera a San Remo: “Bisogno di dire culo”. Il testo integrale

SANREMO – Prima la carrozza, subito dopo una lettera a San Remo. Luciana Littizzetto dalle prime battute prova a prendersi il festival e lo fa con una lettera con tanto di parolaccia finale, un “culo” che rieccheggia forte e chiaro nel teatro Ariston. Ecco il testo integrale della lettera della Littizzetto a San Remo. “Carissimo San Remo che nella riviera stai, che proteggi i fiori il festival e il casinò, quindi ti occupi di boiate.

Ho scoperto che come santo non esisti. Nel calendario c’è santa Genoveffa, santa Brigida, san Quadrato e perfino santa Yvette, che dev’essere la protettrice del Moulin Rouge, ma non c’è nessuna traccia di san Remo in nessun calendario, nemmeno in quello dei Maya, nemmeno il calendario Pirelli, sul quale ho promesso di non dilungarmi perché ho promesso a Fazio di comportarmi bene.

Comunque. Per quel che puoi. Fai in modo che il pubblico non si accorga che quest’anno sul palco invece di due gnocche ce n’è solo mezza, e aiutami a non sbagliare il nome delle canzoni e dei cantanti. Ci sono state presentatrici che per avere detto nell’ordine sbagliato Pace-Panzeri-Pilat sono state esiliate a Ventotene e private dei diritti civili.

Fai che Fabio non si addormenti in onda e se si addormenta fa’ almeno che nessuno se ne accorga. O fa’ che tutti a casa si siano addormentati prima di lui. E se poi, caro san Remo, qualcuno si addormenta in sala, riprendilo con la telecamera, che almeno ridiamo.

E fai che non mi venga mai mai mai in mente di tentare una rima mentre presento Gualazzi o la Galiazzo, perché, conoscendomi, Remo mio, ne usciremmo tutti con le ossa peste. Tra l’altro grazie che quest’anno non hai fatto gareggiare Samuele Bersani, che con quel cognome lì non ne uscivamo vivi. Toccava anche trovare un Samuele Berlusconi e un Samuele Monti.

Fa’ che non arrivino altre notizie pazzesche perché dopo la neve, le polemiche politiche e le dimissioni in Vaticano manca solo la pioggia di rane e lo sbarco degli alieni a Arma di Taggia. Fa’ inoltre, Remo mio, che il meteorite che deve distruggere il pianeta il 15 febbraio aspetti almeno l’esibizione di Albano, sai com’è fatto lui… poi si offende.

E già che ci sei, caro Remo, fa’ che la crisi passi. Perché è vero, come diceva uno che non ricordo più chi fosse, che i ristoranti sono pieni, ma sono pieni di gente che cerca un posto da cameriere. Di’ anche a tutti quelli che dicono che restituiranno l’Imu, se possono anticipare. Io mi fido un casino ma mi piacerebbe avere i soldi prima di andare a votare.

Se tu mi aiuti, in cambio io giuro che non pronuncerò mai un nome di un politico, e neanche parole che ci somigliano, guarda. Non dirò mai parole che cominciano con Ber, tipo “bersaglio”, “Berna” e “bertuccia”, o che finiscono in “oni”, tipo.. adesso non mi viene. invece di “marroni” dirò “beige”, e se capiterà che qualche volta staremo nei casini, dirò “puttanaio”.

Fà che non mi si impigli mai l’abito sotto la suola, il reggiseno nella pianola, la lingua nella gola. Dami grazia, contentezza, levità, leggerezza. E infine, soprattutto, sopra ogni cosa, ti prego, santo dei garofani e delle petunie, dei potus e dei lillà, fa’ che io resista fortissimamente, ineluttabilmente, inderogabilmente all’incontenibile, inarrestabile, incomprimibile bisogno di dire: Culo”.

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