Sandro Piccinini: “Dico eccezionale e sciabolata perché…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Maggio 2016 - 16:49 OLTRE 6 MESI FA
Sandro Piccinini

Sandro Piccinini

ROMA – Sandro Piccinini, intervistato da Tv Blog, confessa: “Ecco perché durante le telecronache uso eccezionale, non va e sciabolata”.

Come si prepara la telecronaca di una partita?

La preparazione adesso è facilitata da internet, ma la regola è sempre quella di provare a sapere tutto dei giocatori che entrano in campo, raccogliere il maggior numero di notizie sull’evento. Essere preparatissimi, ma con un’avvertenza: non voler dimostrare a tutti i costi, perché sarebbe un eccesso di narcisismo, di sapere tutto. Spesso io su partite di squadre straniere preparo 100 informazioni, ma durante la partita se non ci sono le occasioni ne posso dare anche solo 5. Non bisogna essere ossessionati, altrimenti si rischia di asfissiare il telespettatore. Le informazioni vanno date se c’è una pausa, mai a gioco in corso.

C’è qualcosa che col passare degli anni non fa più durante la telecronaca?

Ho azzerato quasi del tutto i dati statistici. Posso dare i più importanti prima dell’inizio della partita, poi li ignoro completamente. È giusto che il giorno dopo sul giornale ci sia scritto ‘è stato l’ottavo gol di testa segnato da questo calciatore’, ma durante la telecronaca francamente lo trovo superfluo. Inoltre penso di essere progredito negli anni – è stato il mio primo impegno ed è uno sforzo che continuo a fare – nell’evitare le frasi fatte e i luoghi comuni. Limitare il numero di parole, diventare più essenziale, cercare di parlare meno. Perché dico ‘non va’? Perché un tempo il telecronista diceva ‘il tiro alto sorvola la traversa senza impensierire il portiere’, ora bisogna essere più essenziali. Anche perché non è una radiocronaca e la gente vede quel che succede in campo! Tra seconda voce e bordocampo si rischia di asfissiare il telespettatore.

A proposito di seconda voce, quale è lo schema migliore per una telecronaca? Telecronista+seconda voce+bordocampista o, come ha fatto la Rai recentemente, telecronista+bordocampista?

La telecronaca con la seconda voce è più ricca. Non è un caso che tutte le televisioni del mondo in tutti gli sport usino la voce tecnica o addirittura una terza voce. Poi è sempre un discorso di dosaggio e di bravura: la seconda voce se ha i tempi e dice cose interessanti arricchisce, altrimenti disturba. Ma, come regola, la telecronaca ad una voce è molto povera anche perché il telecronista è portato a seguire il pallone, non i movimenti dei giocatori. La seconda voce può invece essere molto utile a livello tattico.

La migliore seconda voce con cui hai lavorato?

Io ormai ho una specie di matrimonio di fatto con Aldo Serena, da più di 20 anni. Siamo amici ed è molto importante anche l’affiatamento fuori dal campo. Mi trovo bene con tutti, ma con Aldo sono legato anche dal punto di vista affettivo.

La migliore seconda voce della concorrenza?

A parte Bergomi, che è riconosciuto da tutti, direi Giancarlo Marocchi, che mi piace abbastanza. Secondo me è cresciuto molto, ha il giusto dosaggio, è ironico, è pacato, vede bene la partita.

Hai un modello di riferimento per la telecronaca?

Da ragazzino ero pazzo di Enrico Ameri, radiocronista Rai, era l’alter ego di Sandro Ciotti. Aveva un ritmo pazzesco. Era l’unico radiocronista che riusciva ad essere in sintonia con l’azione. Ho cercato di trasportare quel ritmo e quel coinvolgimento emotivo nelle telecronache. È stato certamente un modello per me.

Ricordi una tua telecronaca catastrofica?

Catastrofica no, ma non rimasi contento della telecronaca della finale di Champions League Borussia Dortmund-Juventus del 1997. La Juve perse e io mi lasciai un po’ prendere dalla delusione perché tutti si aspettavano che vincesse. Risentendomi non mi piacqui, mi lasciai coinvolgere dal punto di vista emotivo. Mi lasciai condizionare. L’anno prima, nel 1996, la Juve vinse la Champions e la telecronaca della finale la fece Bruno Longhi. Nel ’97 toccò a me e la Juve perse, mi lasciai prendere dallo scoramento.

Risenti sempre le tue telecronache?

No, i primi periodi della mia carriera lo facevo. Adesso, se capita, mi fermo a sentire 5 minuti della replica per controllare la qualità dell’audio (…)

Veniamo al tuo vocabolario. Tra ‘incredibile’, ‘non va’, ‘ccezzionale’, ‘mucchio selvaggio’, ‘sciabolata’ e ‘destro secco’ c’è un termine a cui sei affezionato in particolare o di cui ricordi come sia nato?

Non nascono a tavolino come qualcuno pensa, ma sono generati dalla necessità di sintetizzare situazioni di gioco. Per esempio non mi ero accorto di dire ‘ccezionale’, come se non avesse la ‘e’. L’ho scoperto sentendolo dai ragazzini che giocavano a pallone sotto casa. Ora quando lo dico sono un po’ condizionato, quasi quasi mi viene da scimmiottare loro. La prima volta che mi capitò qualcosa di simile fu con ‘sciabolata’, che colpì particolarmente non so neanche perché. È il vocabolo più antico tra questi. Qualcuno sostiene che io ripeta sempre gli stessi termini, ma ‘sciabolata’ io lo posso dire una volta in una partita, non in tutte le partite, mezzo secondo in 95 minuti.

Ecco, a tal proposito Giampiero Galeazzi recentemente ha sentenziato: “I telecronisti di oggi sono preparati ma un po’ artificiali. Guarda Piccinini, dice sempre le stesse cose…”

È un commento semplicistico e superficiale. Le frasi che hai citato tu prima le posso dire 1,2,3 volte in una partita, totale un secondo e mezzo su 100 minuti. E comunque se c’è un tiro in porta devo dire ‘tiro in porta’, è inevitabile ripetere certi termini. Se uno facesse un’analisi meno superficiale si renderebbe conto che in 100 minuti il vocabolario non si riduce a quelle tre parole. Però ci vuole la voglia di approfondire, mentre quello è stato un giudizio un po’ sommario. Ma va bene così, Galeazzi è un mito, va rispettato.

Tra le accuse che ti vengono rivolte c’è l’eccesso di enfasi. Hai mai avvertito il rischio di diventare caricatura di te stesso?

Una volta feci la telecronaca di Barcellona-Real Madrid da studio, ‘da tubo’, come si dice. Cominciai elencando in fase di presentazione tutti gli assenti, erano tanti, da una parte e dall’altra. Feci il primo tempo contento, pensavo di aver fatto una buona telecronaca. All’intervallo mi fanno sapere che c’è Silvio Berlusconi al telefono in regia. Diventai pallido. “Piccinini, volevo farle i complimenti, ha fatto un’ottima telecronaca, peccato che l’avranno sentita in pochi perché quando lei ha fatto l’elenco degli assenti avranno cambiato canale!”. Io risposi: “Ma è una informazione che bisognava dare”. Lui: “Certo, ma non in apertura”. Nella presentazione bisogna mettere in risalto le cose che possono indurti a vedere la partita. Ci può stare l’enfasi nella presentazione dell’evento. In questo mi dichiaro colpevole!

Il rischio di diventare caricatura di te stesso non ti ha mai sfiorato?

Se dico ‘mucchio selvaggio’ 2 volte su 100 minuti pensano che io stia esagerando. Altri telecronisti ripetono ‘tiro’ o ‘parata’ 12 volte in una partita. La sostanza è che in una partita ci sono situazioni che si ripetono.

Altra critica: le tue telecronache hanno un debole attinenza con la realtà della partita. Insomma, usi ‘incredibile’ per ciò che in realtà non è incredibile.

Questo lo si può verificare, perché io faccio telecronache, non radiocronache. Se dicessi ‘incredibile’ per una cosa che non lo è, stonerebbe. Si cerca di essere in sintonia con ciò che vedi, perché lo vedono tutti. È inutile che io dica ‘numero’ per un passaggio di un metro. La telecronaca ti impedisce di barare. Nel tono – e non nei termini – il discorso è diverso: un po’ di enfasi deve esserci, aiuta. Le partite possono essere noiose e quello è un modo per tenere viva l’attenzione. Ma nella sostanza è impossibile bluffare. Quindi è una critica ridicola (…)