“Tre di denari”, licenziati dopo la maxi vincita in Tv: troppe assenze sul lavoro

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Luglio 2017 - 12:08 OLTRE 6 MESI FA
Francesco Nonnis, Michael Di Liberto e Marco Burato con Amadeus

Francesco Nonnis, Michael Di Liberto e Marco Burato con Amadeus

ROMA – Francesco Nonnis, Michael Di Liberto e Marco Burato, i “Tre di denari”, i tre ragazzi brianzoli che hanno spopolato al quiz show di Rai Uno “Reazione a catena” (vincendo quasi 400mila euro), sono stati licenziati per troppe assenze da lavoro. Francesco, Michael e Marco lavoravano in una piccola azienda di caricabatterie in Brianza.

E così i “Tre di denari” sono ripartiti da YouTube. “In tanti – raccontano – ci hanno inviato messaggi di solidarietà per il posto di lavoro perduto. Qualche ragazza ci ha mandato certe lettere che hanno fatto ingelosire le nostre fidanzate. Ma qualcuno ci ha inviato altre proposte. Proposte di lavoro. Siete bravi. Perché non iniziate a lavorare sui social”. Detto, fatto: “Abbiamo provato ad aprire una pagina Facebook dedicata al nostro trio, il «Tre di Denari». E in pochi giorni si sono iscritti quasi trentamila fan. Incoraggiati, abbiamo fatto il passo successivo: aprire un piccolo canale tv su YouTube, iniziando a registrare piccoli video”.

“Abbiamo aperto un piccolo canale tv, tutto nostro, su YouTube, e, con nostra grande sorpresa, i nostri fan ci hanno seguito”. Il loro primo video, un breve filmato nel quale svelano i segreti della loro «intesa vincente» che ha permesso di diventare campioni e vincere 400mila euro, ha avuto quasi due milioni di like.

“Abbiamo scoperto – raccontano – che eravamo popolarissimi tra i bambini e i teen ager. Così, tanti nonni o papà e mamme ci hanno contattato, chiedendoci di girare un video dedicato ai loro figli o nipoti, in occasione del loro compleanno o di altre ricorrenze importanti. Li abbiamo realizzati, e abbiamo scoperto che questo mestiere ci piace tantissimo”.

Marco, Michael e Francesco pensano ancora con l’amaro in bocca al lavoro che hanno perso: “Ci sentiamo feriti. Abbiamo lavorato per sei anni in quell’azienda e avevamo un rapporto personale con il titolare. Per fortuna le nostre famiglie ci hanno sostenuto in questo momento non facile”.