Via Poma, il figlio di Vanacore: “Era distrutto, ma non ha nascosto nulla”

Pubblicato il 13 Aprile 2010 - 16:12 OLTRE 6 MESI FA

Pietrino Vanacore

“Era amareggiato , distrutto, non aveva paura che potesse uscir fuori qualcosa di strano ma sentiva il peso di averci involontariamente coinvolto in questa situazione e lo faceva stare male”. Sono queste le parole di Mario Vanacore, figlio di Pietrino ex portiere suicida dello stabile di via Poma dove fu uccisa , il 7 agosto del 1990, Simonetta Cesaroni, intervenuto in collegamento telefonico durante  la trasmissione “Porta a Porta” che andrà in onda mercoledì 14 aprile.

Riferendosi poi al suicidio del padre – rende noto l’Ansa – il figlio dell’ex portiere ha detto: “Sono molto confuso, qualche dubbio mi è venuto e ce l’ho tuttora, di questo se ne occuperà la Magistratura”. “L’ultima volta l’ho sentito due tre giorni prima del suicidio, sembrava sereno e tranquillo, non era scosso – assicura – sono passati venti anni che potrebbero averlo portato a decidere di fare una cosa del genere”.

Mario Vanacore ha poi escluso l’ipotesi che il padre si sia tolto la vita perché sapesse qualcosa di non confessabile. “Una o due volte, in passato, gli ho chiesto se sapesse qualcosa, se fosse stato minacciato da qualcuno e lui mi rispose: ‘non l’avrei mai nascosto a nessuno se avessi saputo qualcosa”.

“In questa storia chi ha pagato finora è stato solo mio padre a causa dei giornalisti e degli inquirenti che si sono accaniti contro di lui. Forse – ha aggiunto ancora Mario Vanacore – il suo carattere chiuso può aver fatto pensare che nascondesse qualcosa. Era molto riservato, non voleva mettersi contro nessuno”.

Nel corso della registrazione della trasmissione è intervenuto anche l’avvocato, Antonio Della Vita, legale di Pietrino Vanacore: “Se me lo avesse chiesto gli avrei consigliato di avvalersi della facoltà di non rispondere, perché per la prima volta in vita mia anche io sono esasperato. Non parlavo con lui da sei anni e non lo avevo sentito per il processo: avrei dovuto parlargli il giovedì ma mi fidavo totalmente di lui. Non c’erano ombre. E’ stato assolto due volte, eppure ha subito, sopratutto dai media, una pressione terrificante per venti anni. Non si può fare un processo investigativo”.

Riguardo poi alle due telefonate che la sera del 7 agosto del ’90 furono fatte dall’ufficio di via Poma a Mario Macinati, factotum di Francesco Caracciolo di Sarno, ha detto: “Nessuno ha mai detto che a farle è stato Vanacore. Lo ha sostenuto il pm nella sua tesi ma le tesi non sono niente”.