In viaggio verso i borghi fantasma in Italia

Di Debora Bergaglio www.buonviaggioitalia.it
Pubblicato il 8 Gennaio 2016 - 07:45 OLTRE 6 MESI FA

Di Debora Bergaglio www.buonviaggioitalia.it

A volte si viaggia anche per fuggire dal caos e ritrovare un’oasi di silenzio e bellezza che ci regali la sensazione di essere i primi a scoprirla e gli unici a visitarla. Ma poi interviene il passaparola e i visitatori aumentano, i gruppi si organizzano e i social network rendono celebri anche luoghi dimenticati da Dio. Così è accaduto per i borghi fantasma, un nuovo trend del turismo nostrano che affascina sempre più persone, e non più soltanto gli appassionati di leggende ed esoterismo, per fortuna! Si trovano in ogni angolo d’Italia, dalle Alpi all’Appennino e lungo tutto lo stivale fino al profondo Sud. Studi recenti dicono che circa un terzo del territorio italiano versa in stato di abbandono, con borghi disabitati, terreni incolti, fabbriche dismesse. E cosa c’è di tanto affascinante in tutto questo? Verrebbe da dirsi.

Sono tante le sensazioni che si provano nel visitare un borgo fantasma e tante sono le pubblicazioni ad essi dedicate, che descrivono itinerari, storie e tradizioni di quelli che all’estero chiamano Ghost Villages, villaggi fantasma.

Io ne ho visitato molti e ve ne consiglio alcuni, come meta di un viaggio insolito e ricco di sorprese.

Reneuzzi e i villaggi di Pietra. Si trova sull’Appennino ligure piemontese, nel Comune di Carrega Ligure, incastonato tra le vette più belle della Val Borbera. Si è spopolato nel 1961 dopo un tragico fatto di cronaca degno di una puntata di amore criminale, ante litteram. Lungo il bellissimo trekking di un’ora e mezza per arrivare a Reneuzzi, immersi nel silenzio della montagna, si incontrano altri due borghi fantasma, Casoni di Vegni e Ferrazza, e prolungando l’escursione di un’ora, si possono raggiungere i mulini della valle dei Campassi.

Barmaz. Si vede percorrendo la statale 26 verso Aosta, nel Comune di Saint-Denis, tra le montagne del Parco Naturale del Mont Avic. L’avranno sicuramente visto coloro che hanno percorso la Via Francigena, che sfiora il tipico borgo valdostano ormai in abbandono, risalente al 1600. Sembrava che Barmaz potesse tornare in vita, tanto che circolavano tre ipotesi di recupero, tra cui un borgo di antichi mestieri, un albergo diffuso e un centro di riabilitazione e soggiorno per bambini disabili. Ma è tutto rimasto sulla carta.

Accanto ai borghi in totale stato di abbandono, ci sono anche casi di rinascita, che hanno applicato strategie volte al recupero delle abitazioni vuote e fatiscenti, rendendo questi piccoli paesi meta di turisti e visitatori in cerca prima di tutto di esperienze e di storie.

S.Stefano di Sessanio. Nella parte meridionale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, in Provincia de L’Aquila, un paese rischiava di spopolarsi, come tanti altri. Ma il destino ha voluto che un imprenditore di origini italo-svedesi, Daniele Kihlgren, si innamorasse di questo borgo – fra i più d’Italia – una volta capitato li per caso. Saxtantio è il nome dell’Albergo diffuso realizzato da Kilhgren, ricreando ambienti e mestieri tipici del luogo, ristrutturando rispettosamente cantine, case e cascine, così da innescare una rinascita di questo gioiello abruzzese.

Bussana Vecchia. A una manciata di chilometri da Sanremo si trova un “Villaggio internazionale degli artisti”, rinato dopo il terremoto del 1887. Tutto è iniziato per volontà di un gruppo di artisti che nel 1959 creano una comunità di artisti a livello internazionale, utilizzando la leva dell’arte per recuperare il borgo e farne un atelier a cielo aperto. Senza elettricità, acqua e impianto fognario, ma armati di tanta passione e affascinati da quel luogo ricco di storia, gli artisti si impegnano nel recupero di Bussana Vecchia, così come in attività ed iniziative a carattere artistico e culturale, che fanno rivivere, anche turisticamente, il borgo.

Pentedattilo. Sul Monte Calvario, in Provincia di Reggio Calabria, a pochi chilometri da Melito Porto Salvo, si trova una vera meraviglia d’Italia. Il suo nome, che in greco significa “cinque dita”, deriva dal fatto che questo borgo sembra adagiato proprio sul palmo di una mano. Le sue origini risalgono al tempo delle colonie greche e il suo fascino è intriso in ogni singola pietra di ogni singola abitazione o bottega di questo paese fantasma rinato a nuova vita negli anni ’90, grazie ad alcune associazioni locali. Da allora Pentedattilo è diventato un “borgo solidale” grazie a un progetto dell’Unione Europea  e un modello per iniziative nel campo dell’ accoglienza culturale e ambientale.

Arrivare a piedi dopo un trekking di ore lungo i crinali dell’Appennino, inoltrarsi timidamente fra ruderi e abitazioni pericolanti, mangiare al sacco nella vecchia piazza di un paese che non esiste più, osservare le cantine, gli attrezzi, le stufe e tutte le tracce di un mondo antico, che quasi non ricordiamo più. Percepire l’abbandono e voler conoscere la storia di quel luogo come se ciò potesse porvi rimedio.