La laguna veneta oltre Venezia

Di Luca Vivan di lucavivan.com
Pubblicato il 10 Marzo 2016 - 14:56 OLTRE 6 MESI FA

Di Luca Vivan di lucavivan.com

Venezia risplende di una luce che si irraggia dal mare Adriatico fino al mondo intero, un insieme di piccole isole collegate da ponti e da storie che hanno invaso l’immaginazione di ogni turista.

Oggi non ho l’ambizione di portarti tra le calli e campielli, perché lo confesso, è una città che si nasconde e che non conosco mai abbastanza. Ti voglio invece condurre più in là, oltre il turismo di massa, a volte soffocante, in luoghi quasi deserti, dove si levano in volo aironi e dai canali salgono i vapori delle acque salmastre e gli echi del passato.

La laguna nord

La campagna veneta si riduce ad una striscia di terra, appare improvvisa l’acqua che riflette le nuvole di passaggio, mentre una barca pigramente attende. Ecco Lio Maggiore, luogo di confine, tra il regno dell’uomo e quello mutevole delle maree, porta d’ingresso quasi sconosciuta ad un ecosistema prezioso e delicato. La laguna veneta è Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1987, incontro di terra e di acqua, dolce e salata, sempre instabile, sempre in pericolo di sparire, per diventare pianura oppure mare.

Qui, a pochi km da Jesolo, si viene perciò in punta di piedi, per ammirare le barene, sottili strisce di terra, su cui affondano le radici piante endemiche, dove s’appoggiano, per riposare, aironi e altri uccelli d’acqua. La magia è semplice, come gli elementi naturali e cresce durante il giorno, fino ad esplodere al tramonto, quando il sole che infiamma l’orizzonte, illumina d’oro lo sguardo fino ai campanili lontani, di Torcello o di qualche isola senza più nome.

E’ ora di salpare, seguendo le bricole, i pali di legno che segnano la via, che permettono di non smarrirsi o di rimanere incagliati in qualche secca. Presto scompare la campagna, il cemento e l’asfalto, tutt’attorno, canneti e piccoli edifici che spuntano su isole lontane, un tempo centri del commercio e della storia, ora silenziosi relitti alla deriva.

Ecco l’isola di Salina, un tempo parte dell’importante centro di Ammiana, creato dagli abitanti della terraferma in fuga dalle invasioni barbariche, abbandonata alla fine del Medioevo e poi diventata salina nel XIX secolo.

Proseguo oltre, tra stretti canali, fino a sfiorare Torcello, che molti considerano come l’antica Venezia, tanto era importante quest’isola agli inizi del Medioevo. Ora anche qui rimane la polvere del passato, il silenzio dell’abbandono, tra i rintocchi del campanile dell’antica basilica di Santa Maria Assunta, con i suoi echi di Bisanzio.

Poco lontano, Mazzorbo, il mio approdo finale, dove finisce per oggi il mio viaggio nella laguna veneta. Un tempo vera e propria campagna, che riforniva di ortaggi e di possibilità di riposo la potente Venezia, oggi qui si possono trovare le famose castraure, i carciofi violetti della laguna, e alcuni filari di antichi vigneti, dal sapore inconfondibilmente salmastro.

La laguna nord già guarda verso Murano e ancora più in là, verso Venezia, intanto cerca di ridestarsi da un lungo sonno, magari riempiendosi di suoni raffinati che ne accompagnino il tramonto. A breve, potrebbe nascere infatti una manifestazione musicale di cui ho avuto la fortuna di vedere un’anticipazione, un’occasione per promuovere un turismo lento in questo mondo che merita di rinascere.