Draghi e gli psicologi, la battuta sui vaccini offende la categoria VIDEO Perché ha ragione e perché ha torto

di Alberto Francavilla
Pubblicato il 9 Aprile 2021 - 09:09 OLTRE 6 MESI FA
Draghi e gli psicologi, la battuta sui vaccini offende la categoria VIDEO Perché ha ragione e perché ha torto

La battuta di Draghi sugli psicologi ha scatenato un putiferio. Psicologi offesi, la categoria che si mobilita contro il premier. Draghi ha detto che bisogna smettere di vaccinare gli under 60. Almeno finché non saranno vaccinati gli anziani. E ha fatto l’esempio degli psicologi di 35 anni. Molti dei quali già vaccinati perché rientrano nella categoria dei sanitari.

E sui social, sulle chat, tutti gli psicologi a inveire (nel migliore dei casi) contro il premier perché sminuisce il loro lavoro. Falso. Draghi non ha detto questo. O meglio, se si cerca di interpretare le parole di Draghi, non si può non leggere un attacco alle regioni. Sono loro che organizzano i calendari vaccinali. 

Aldilà delle parole di circostanza (bisogna lavorare insieme, governo e regioni siano uniti, etc.), Draghi aveva un obiettivo preciso in conferenza stampa. E il messaggio era più o meno questo: sbrigatevi a vaccinare le categorie fragili. Ma nell’esempio fatto da Draghi ci sono elementi condivisibili, altri meno

Draghi e gli psicologi, perché ha ragione Draghi

Tecnicamente, gli psicologi sono considerati sanitari. Quindi, in teoria, è giusto che siano vaccinati quanto prima. In teoria. In pratica, gli psicologi non sono in corsia, non sono nei pronto soccorsi, non sono nelle terapie intensive. Possono operare anche a distanza.

Ne conosco tanti, di psicologi, che si sono organizzati con le piattaforme, per lavorare in streaming. Zoom, Skype, Whatsapp, Google Meet. Ormai tra il terapeuta e il paziente c’è un filo virtuale che non si spegne mai. Con quello che comporta: comodità perché si può lavorare da casa. Ma anche reperibilità estesa nell’arco della giornata (questo è uno dei problemi dello smart working in generale).

A questo punto, avrebbe più senso chi è costretto a lavorare a contatto col pubblico. Penso, ad esempio, a chi lavora nei supermercati. Che era tra la gente anche durante il primo lockdown, quello di marzo.

Ma, è giusto ripeterlo, Draghi non ce l’aveva con gli psicologi. Ce l’aveva con chi ha fatto i calendari vaccinali. Infatti, durante la conferenza stampa, ha spiegato che il commissario Figliuolo emanerà una direttiva perché le regioni lavorino coordinate tra loro.

Draghi e gli psicologi, perché Draghi non ha ragione

Il primo errore di Draghi è stato comunicativo. Perché, qualsiasi fossero le sue intenzioni, ha gettato fango su una categoria incolpevole. Che colpa ne hanno gli psicologi se sono stati chiamati a vaccinarsi? Avrebbero dovuto rifiutare?

Il secondo errore di Draghi è, a mio modo di vedere, concettuale. Se l’obiettivo della campagna vaccinale massiva è quello di ottenere prima possibile l’immunità di gregge, allora non va demonizzato chi si vaccina. Al massimo, bisognerebbe prendersela con chi rifiuta di vaccinarsi. O chi “pretende” di avere un vaccino piuttosto che un altro. Come se d’improvviso fossimo tutti virologi.

Nell’ottica dell’immunità di gregge, allora, è giusto vaccinare più persone possibile (anche considerato quanti rinunciano alla propria dose). Che siano psicologi, idraulici, disoccupati o dipendenti postali. Perché da questa situazione bisogna uscire al più presto.

Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev