Romano Prodi imitato da Corrado Guzzanti: le 4 stagioni fra “fermezza” e vendetta

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Aprile 2013 - 15:27| Aggiornato il 31 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Romano Prodi è una delle fonti di ispirazione per quel geniaccio di Corrado Guzzanti. Dopo averlo imitato più di una volta ai tempi del primo Governo Prodi, Guzzanti ha fotografato il Professore nel 2009, nella fase del lungo silenzio dopo la caduta del suo secondo governo. Impallinato per due volte dal fuoco amico, Prodi-Guzzanti si mette dietro la linea gialla della banchina di una stazione.

Il suo atteggiamento è quello che suggerisce un antico proverbio cinese: “Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico”. Prodi-Guzzanti rimane fermo e passa quattro stagioni dietro quella linea gialla: col caldo, la pioggia, la neve, gli escrementi dei piccioni, le contestazioni della gente comune, le rane, i bulli che gli danno fuoco… Arriverà la stagione della vendetta. “Sono l’unico leader europeo senza metabolismo, io sto fermo, aspetto. Non mi muovo”. A quanto pare Guzzanti ci aveva visto lungo. Questo il testo completo:

«Ad Aprile mi fan cadere il governo per la seconda volta e mi mandano a casa. E io vado alla stazione, mi fermo dietro la sua bella linea gialla e aspetto. Passa un treno, ne passan due, ne passan dieci: ma io fermo, non mi muovo, aspetto. Eh, passan dei bei giorni. Eh, la gente è preoccupata, eh: “Professore, ma sta bene, ma cosa fa ancora qua”. Ci sono i pendolari che ogni mattina prendono il treno e tornan la sera e qua mi ritrovan fermo, sempre dietro la sua bella linea gialla, con la sua bella coerenza.

I piccioni mi cagano in testa, ma io non mi muovo, non faccio polemiche. “Eh, Professore, ma l’han tutta cagata”. Ma va bene. Perché la gente non è soltanto quella che vedi alla televisione con quel cinismo, con quel arroganza. Ma no, c’è anche la solidarietà, c’è anche la preoccupazione per l’altro. C’è quello che passa e mi lascia due euro. C’è la signora che mi lascia il bambino, che va a comprare il giornale. “Sta ben qui, che tanto il professore sta fermo da due mesi, non si muove”. Questa è la fiducia. Questo è il Paese reale. La gente vuol parlare, la gente vuol capire, ti vuol dire i suoi problemi. C’è la signora Egnazia che viene tutti i sabati e mi vuol parlare, e mi fa: “Professore, ma, certo che quel Padoa Schioppa l’era una gran testa di casso“. Sono opinioni. Io sto qui fermo, aspetta, non mi muovo.

Oh! È arrivata l’estate! Eh, a mezzogiorno il sole mi fa ben penare. Ché sento quella goccia di sudore che scende piano piano lungo la schiena, giù giù per la gambetta. E sento anche un gran formicolio ai piedi… eh: non è formicolio, son proprio formiche. Eh, adesso è arrivato anche l’autunno, eh fa ben freddo. Il capostazione è anche preoccupato, qualche volta mi porta una coperta. Qualche volta viene anche a farmi la barba: questa è la solidarietà, questa è l’accoglienza. Lascia stare che non è mica il suo mestiere, che ci trema anche la mano e ogni volta mi fa ben sanguinare. Eh però, bisogna anche capire il disagio della gente. Una notte, per esempio, son venuti dei ragassi con delle taniche di benzina: “Adesso ci diamo fuoco a questo barbone, adesso lo bruciamo, adesso lo bruciamo! Eh, ma poi, questo non strilla, non ci dà mica gusto”. Lo so, ma a me non piace la politica strillata: si fan le cose serie. Se tu mi dai fuoco, io mi incendio in modo serio, responsabile, fermo: eh, c’è la sua bella combustione da fare. Ancora piove, piove sempre. C’è tanta acqua. Sospetto che sulla scarpa sinistra ci vive su una rana, ma la lascio stare: d’estate si mangia ben le zanzare. Eh, il Paese reale è anche questo: è pieno di rane.

Oh, la neve: è tornato Natale. Bella la neve, speriamo che quest’anno mi metton le lucette colorate addosso (che poi, con la pioggia, mi sono ben fulminato l’altra volta). Ma tanto io resto fermo, aspetto dietro la sua bella linea gialla e non mi muovo. Questi ragassi fanno un gran polverone ma non son mica capaci di trovare il compromesso e di metter sempre d’accordo questo e quello: così non lo batti mica Berlusconi. Così vai a sbattere il grugno sempre più forte. E si agitano, spendon tante energie. Veltroni c’ha già i capelli bianchi, adesso anche Franceschini diventa bianco bianco. Erano giovani ma il tempo passa anche per loro. E dopo, c’è ben la morte. Io son sempre uguale: io sono l’unico leader europeo senza metabolismo, perché sto fermo. Sì, andavo pure in bicicletta, ma nessuno ha fatto caso: mica pedalavo, stavo fermo.

Questo è il senso dell’Ulivo: l’Ulivo è un albero, mica va a spasso. E io sto fermo, aspetto, non mi muovo. Perché verrà anche il suo bel momento che dovran tornare qui, da me, proprio qui alla stasione dove mi han mandato, a dire: “Romano perdonaci, abbiam sbagliato, ti abbiam fregato già due volte, ti chiediam perdono… Ma solo tu puoi battere il Berlusconi, ti prego Romano, bisogna rifar l’Ulivo”. Eh io allora dico: “Ma sarebbe la terza volta: e le garansie?”. “No, questa volta è scritto tutto nero su bianco dal suo bravo notaio: questa volta niente democrazia, tu sei il monarca assoluto con potere di vita e di morte. Cosa ci dici Romano?” “Inginocchiatevi”. “Sì sire, tutto quello che vuoi, ma ti prego: abbi pietà di noi, perdonaci. Porterai mica rancore?” E allora zac! The karate kid!»