YOUTUBE Morto Ettore Scola, Amarcord Fellini suo testamento

di redazione Blitz
Pubblicato il 19 Gennaio 2016 - 23:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Sembra proprio un Amarcord di Ettore Scola quello dedicato a Federico Fellini nell’ultimo film del regista irpino morto il 19 gennaio “Che strano chiamarsi Federico – Scola racconta Fellini” (2013), film passato al Festival di Venezia nelle proiezioni speciali.

Un omaggio, quello del maestro Scola, all’amico più anziano di lui di circa dieci anni attraverso un film-documentario emozionante quanto divertente. Perché tanta emozione? Perché la figura di Federico Fellini, a venti anni dalla morte, è del tutto attuale, un classico. E perché ancora le immagini di repertorio utilizzate mettono in scena un mondo cinematografico italiano inarrivabile.

Passano infatti sullo schermo gli esilaranti provini di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman per il Casanova. Passa Anna Magnani e lo stesso inedito Federico Fellini nel ruolo di San Giuseppe nel film L’amore.

Ma la cosa più sorprendente di questo film, realizzato da Scola insieme alla figlie Paola e Silvia, che forse, non a caso, resta una sorta di testamento di Scola, è la ricostruzione davvero felliniana fatta dal regista prima di Fellini e poi di se stesso con il Marc’Aurelio (giornale satirico italiano fondato a Roma il 14 marzo 1931 da Oberdan).

Il loro incontro, nei primi anni Cinquanta, proprio nella redazione della rivista, le loro visite ‘di piacere’ sui set dei rispettivi film, i teatri di posa di Cinecittà, il Teatro 5 e altre analogie tra i due registi (entrambi ottimi disegnatori). E poi tutto un miscuglio di fiction e immagini di repertorio con la guida di un professore (proprio come in Amarcord) che ricostruisce, come aveva detto lo stesso Ettore Scola, Fellini come un grande Pinocchio che, per fortuna, non è mai diventato “un bambino perbene”.

Ma in questo film che, secondo lo stesso Scola, era stato come la realizzazione di un sogno, poter realizzare un film davvero felliniano senza timore di plagio, tanti frammenti tutti da ricordare. Frasi di Fellini come “La vita è una festa, allora perché non viverla ogni momento come tale?” o “La donna è soprattutto un pianeta sconosciuto”.

Le compulsive bugie sempre di Fellini che raccontava di essere fuggito a cinque anni da casa per seguire un circo. La creatività per lui era “come una malattia in cui vengo abitato”, fare cinema un modo di non voler restituire l’assegno di anticipo dato dal produttore di turno.