YOUTUBE-FOTO Braccio della morte. Vita di detenuti e guardie

di Mario Tafuri
Pubblicato il 31 Dicembre 2015 - 06:39 OLTRE 6 MESI FA

LOS ANGELES – Come si vive nel braccio della morte del carcere di San Quintino, una delle prigioni più famose del mondo. Ci sono 745 condannati a morte in attesa della iniezione letale che ha sostituito la camera a gas. Per la prima volta un gruppo di giornalisti, 12 in tutto, sono stati ammessi in alcune parti del braccio della morte. La visita è durata 6 ore. Ne è risultata una sequenza di foto e video se non impressionanti certo inediti: il condannato a morte che volta le spalle alla macchina fotografica dei reporter, quello che esibisce muscoli e tatuaggi mentre si esercita (è permesso 4 volte alla settimana) in una gabbia all’aperto, quello che scrive, che cucina, che legge, che guarda la tv ascoltando con gli auricolari.  Il più anziano è Douglas Clark, ha 67anni, da 33 è nel braccio della morte per omicidio.

Non ci sono state più esecuzioni capitali dal 2006, quando un giudice federale ha stabilito che la pena di morte è incostituzionale. Molti sono i condannati morti di morte naturale. Fra il 1978 e il 2006 c’erano state 13 esecuzioni capitali, mentre in tutta la California ben 900 persone sono state condannate a morte.Tutto è fermo mentre c’è chi dice di ripartire e chi dice di cancellare la pena di morte. C’è anche il problema della scarsità di farmaci capaci di dare la morte e tra i sostenitori della pena capitale c’è chi vuole lasciare al boia libertà di scelta per il farmaco da usare per la iniezione letale.

Il braccio della morte è in realtà più bracci della morte. C’è il Blocco Est di San Quintino, costruito nl 1930, negli anni di fuoco del proibizionismo e dello scontro mortale del FBI contro i sanguinari gangster della leggenda cinematografica, il Blocco Nord, dove sono detenuti 68 condannati scelti per buona condotta, c’è il reparto psichiatrico del braccio della morte, aperto di recente, il primo al mondo, c’è la prigione di Marin County, dove sono ospitati 700 dei 745 condannati.

Una nuova stanza per le esecuzioni è stata costruita nel 2008 ma finora non è mai stata usata e odora di pittura fresca. C’è una barella verde illuminata da forti lampade e appoggiata a una parete di vetro con dei buchi attraverso i quali il boia farà passare l’ago della iniezione mortale, se e quando le esecuzioni riprenderanno. Ma anche se riprenderanno, c’è chi s’è già fatto i suoi calcoli, come Joseph Michael Nissensohn, condannato per duplice omicidio di due ragazze minorenni. Anche se la California riprenderà le esecuzioni, per Nissensohn sta per avere inizio un percorso destinato a durare fra i 25 e i 30 anni attraverso i vari appelli che lo porterà oltre i 60 anni e allora chissà, forse sarà già morto:

“Per quando arriveranno a me, sarò andato da tempo”.

Samuel Robinson, portavoce del carcere e ex guardia carceraria, ha detto ai giornalisti che la vita dei condannati è simile a quella degli altri detenuti, che però vivono in celle doppie, mentre i condannati a morte sono chiusi in celle singole.

La realtà sembra un po’ più dura. I servizi religiosi nel Blocco Est si tengono in un ex locale docce. La disciplina per i condannati è rigida, c’è un reparto di punizione, lo Adjustment Center, dove i detenuti sono trasferiti per ragioni disciplinari. Dentro lo Adjustment Center, hanno detto le guardie ai giornalisti, la vita è sempre dura per gli agenti, bisogna stare sempre in allerta e le guardie devono indossare schermi protettivi per il volto e abiti speciali per proteggere le guardie da urina e feci che i condannati a volte lanciano da dietro le sbarre alle guardie.

Robert Galvan, che ha ucciso un altro carcerato in un’altra prigione, è indifferente:

“Non mi preoccupo. Quando verrà il mio momento, sarà il mio momento”.

Steven Livaditis, ha 51 anni, nel 1986 uccise tre persone durante una rapina. Il suo delitto, ha detto, merita la pena di morte. In questi anni è diventato profondamente religioso:

“Comunque vada a finire, la prenderò come la volontà di Dio”.