Renzi, prima di votare No perché è antipatico, ecco 5 cose che ha fatto bene: occupazione, conti pubblici…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Novembre 2016 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
Renzi, mille giorni di Governo in 5 punti: riforme, banche, conti pubblici...

Renzi, mille giorni di Governo in 5 punti: riforme, banche, conti pubblici…

ROMA – Renzi, mille giorni di Governo in 5 punti: riforme, banche, conti pubblici… Con il No in vantaggio nei sondaggi a una decina di giorni dal referendum, sembra materializzarsi l’ambizione tutt’altro che nascosta di chi, più che alla Costituzione, pensa a far fuori politicamente Renzi: cioè, per citare Mino Fuccillo su Blitz, pare proprio “che noi italiani si stia covando questa liquidazione senza benservito”.

Giustificata, basata su una accurata verifica del bilancio dei mille giorni di Governo del rottamatore? Consuntivo finale, verrebbe da dire, stando ai sondaggi negativi. Ma è proprio così? Diamo allora almeno un’occhiata a questo bilancio, provando in cinque punti a fornire un significato politico ed economico a questo bilancio. Che può essere solo uno: stiamo meglio o stiamo peggio di 1001 giorni fa?

1) I numeri: occupazione, conti pubblici. Nei tre anni di governo Renzi si è passati da Pil negativo a Pil in moderata crescita (0,8 per cento circa). E’ aumentato di circa mezzo milione il numero dei contratti di lavoro a tempo indeterminato. Si sono mossi, sia pure al rallentatore, i consumi privati. E’ diminuita di poco (addio Imu ma non solo) la pressione fiscale. Il tutto è stato finanziato anche a deficit (non solo esclusivamente a deficit) ottenendo per tre volte di fila dalla Unione Europea quella che chiamiamo flessibilità. Si può citare una fonte autorevole tra i consiglieri economici del governo (da Tremonti a Renzi, passando per Prodi e Monti) Marco Fortis per quanto riguarda il difficile rapporto rigore e crescita.

La PadoanRenzi-nomics ha combinato rigore e crescita ottenendo un risultato innegabile: nel secondo trimestre 2016, infatti, l’aumento del debito/Pil italiano è stato solo di 0,1 punti di Pil rispetto allo stesso trimestre del 2015. E faccio qui una previsione che non c’è ancora in nessun documento: nell’anno scorrevole che va dal 4 trimestre 2015 al 3 trimestre 2016, se stiamo ai dati preliminari di Pil e debito diffusi da Istat e Banca d’Italia, probabilmente il nostro debito/Pil calerà per la prima volta dai tempi della disastrosa crisi di credibilità del governo Berlusconi. (Marco Fortis intervistato da Italia Oggi)

Con il Jobs Act e incentivi vari sono stati creati 656 mila nuovi posti di lavoro, di cui il 70% a tempo indeterminato, riducendo contestualmente il numero degli inattivi e degli scoraggiati (665mila). Dalla crisi l’Italia ha recuperato il 70% dei posti di lavoro persi (in Spagna un terzo). Il braccio di ferro di Renzi con la Ue per invocare più investimenti e meno austerity, a prescindere da toni e accenti diversi, sta scritto in tutti i programmi economici di tutti i partiti pro o contro il premier.

2) Crescita e consumi. Rispetto al primo trimestre 2014, i consumi privati sono cresciuti di quasi tre volte la crescita del Pil. Il sostegno del Governo al Made in Italy ha prodotto un surplus commerciale con l’estero da record (51 miliardi nell’ultimo anno). C’entrano, eccome, col rilancio dei consumi, gli spesso irrisi 80 euro di Renzi. Male, ancora, gli investimenti, ma perlomeno il Piano Industria 4.0 va nella direzione giusta.

3) Banche. Questione spinosa ad alto coefficiente di rissosità elettorale (e di forzatura demagogica). Ancora aperto il capitolo Mps, sulle banche popolari valga una circostanza difficilmente contestabile: se la riforma tanto attesa ci fosse stata 20 anni fa, lo scandalo delle popolari sarebbe stato evitato. E’ poi da imputare a Renzi il mancato salvataggio pubblico quando si poteva? Ora il bail-in che coinvolge soci e azionisti costringe ai salti mortali per non danneggiare i risparmiatori (anche quelli che accettarono il rischio?) senza ricorrere ai soldi pubblici.

4) Riforme: pensioni, scuola, P.A., diritti civili. Valga la promessa iniziale di un profilo riformista: tutte insieme hanno l’ambizioso obiettivo di modernizzare il Paese, attrarre investimenti, rilanciare la crescita (obiettivi che necessariamente devono essere valutati nel medio-lungo periodo).

Mettendole in fila (al netto dei giudizi di merito ma considerando l’alta percentuale di traduzione in leggi) l’attivismo frenetico del premier (comunque lo si consideri) ha promosso una mole di impegni governativi che surclassa il ritmo lento dei predecessori: lo sblocca-Italia (opere pubbliche più celeri), riforma del lavoro (jobs act), pensioni (non si lascia il lavoro a 60 anni e manutenzione della Fornero con salvaguardia di 160mila esodati), riforma della giustizia (deve essere ancora approvata), riforma della Pa (con fine dell’inamovibilità dei dipendenti pubblici e dei dirigenti), “buona scuola” (avversata dai sindacati nonostante 100mila assunzioni e stop alla precarizzazione infinita dei supplenti).

Riforma del Senato e del Titolo V e Italicum (legge elettorale): è la partita che si gioca al referendum. In materia apparentemente lontana ma in fondo non troppo (diritti umani e civili) il governo Renzi ha varato e ottenuto la legge sulle Unioni Civili che evita come è accaduto per molti decenni ai gay italiani di sentirsi clandestini nella società e di essere trattati come tali.

5) Immigrazione. Fa parte anche Renzi dei politici che non capiscono il popolo? Bisogna tornare all’analisi sconsolata di Mino Fuccillo, perché se è vero che gli elettori si buttano nelle braccia di capi-popolo che propongono soluzioni drastiche quanto inattuabili, non si vede l’alternativa percorribile, di là dal rispetto di un tasso minimo di umanità.

Non c’è da capire, si è ben capito ad esempio che la gente non vuole un profugo neanche dipinto, neanche dipinto sui muri della casa di fronte. Non c’è chi non lo abbia capito. Altrimenti i 6.000 sindaci su quasi 9.000 che rifiutano di accoglierne neanche uno sarebbero giudicati e trattati per quello che sono: disertori dalle leggi e obblighi di Stato. Invece passano e sono trattati da sentinelle del popolo. Abbiamo capito: la gente vuole i profughi a mare o in galera o invisibili se proprio devono girare per l’Italia. E allora, una volta capito, che si fa? Li si affoga, deporta, si impone il coprifuoco ai profughi. (Mino Fuccillo, Blitz Quotidiano).