Bruno Carletti, libero dopo il tentato omicidio della moglie

di redazione Blitz
Pubblicato il 4 Maggio 2016 - 06:25 OLTRE 6 MESI FA
Bruno Carletti, libero dopo il tentato omicidio della moglie

Bruno Carletti, libero dopo il tentato omicidio della moglie

MACERATA – Gettò la moglie morente in un cassonetto della spazzatura: dopo dieci anni è di nuovo libero. E’ la storia di Bruno Carletti, 49 anni, di Macerata, che adesso ha deciso di darsi al teatro, raccontando la sua nuova vita ad Alessandra Bruno del Messaggero:

“Oggi sono un uomo libero, pronto a ricominciare una nuova vita, un lavoro nel mio mondo, il teatro”.

Carletti, ex direttore del Lauro Rossi e numero due dello Sferisterio, ha passato quattro anni in comunità terapeutica e tre nella casa di reclusione di Fermo per il tentato omicidio della moglie il 4 luglio del 2006.

“Quello che è successo mi ha sconvolto, ho subìto un choc violentissimo. L’inizio, soprattutto in carcere, non è stato facile. E’ un ambiente molto particolare. Sia gli operatori che le guardie, però, mi hanno trattato molto bene. Ho trovato persone che mi hanno capito e guidato. Io volevo pagare la mia condanna. Appena entrato in cella, dopo mezz’ora ho pensato “E adesso cosa faccio?”. Trovare una ragione di vita lì dentro è stata la cosa più difficile”.

In carcere ha letto molto, scritto e pregato.

“Mi è mancata la vicinanza di mio fratello Massimo, potevo vederlo una volta a settimana. E la privazione degli amici. Convincere un amico a scrivere una lettera, nell’era delle e-mail, non è stato semplice. Lo hanno fatto gli amici più cari, quelli che mi volevano bene”.

Ma qualcuno si è allontanato…

“Li comprendo. Il gesto ha creato un certo distacco: alcune persone non si spiegavano il perché. Gli amici più cari hanno assistito con me, piano piano, al ritorno del Bruno di sempre”.

Sul futuro dice:

“Non faccio progetti a lungo termine, vivo giorno per giorno. Mi piacerebbe ritornare nel mio mondo, quello del teatro. Ho ripreso i contatti, anche per questo mi sono iscritto su Fb, e ho trovato un clima favorevole. Ho sempre pensato che la vera condanna non è quella del tribunale, ma quella sociale. Convivo con quello che ho fatto, ci penso nei momenti più impensabili. Non ero io, non stavo bene. E’ stato un gesto estraneo alla mia personalità, frutto di tante cause. Il lavoro non andava bene, la storia d’amore neanche. Ma non posso perdonarmelo”.