Caso Marrazzo, Cassazione: “Fu vittima di un’imboscata. Carabinieri rapinavano trans e soggetti deboli”

Pubblicato il 19 Aprile 2010 - 14:33 OLTRE 6 MESI FA

L’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo fu “chiaramente la vittima predestinata” di una “imboscata organizzata ai suoi danni” da alcuni carabinieri della Compagnia di Roma Trionfale.

Lo sottolinea la Cassazione sostenendo inoltre che nei confronti di Marrazzo non è ravvisabile alcuna responsabilità penale né per quanto riguarda l’uso dell’auto blu, per raggiungere l’appartamento di di via Gradoli per incontrare il trans Natalie, né per quanto riguarda l’eventuale utilizzo di cocaina.

L’ex governatore e diretto interessato ha commentato: «In sei mesi non è cambiato nulla: ero e sono una vittima e un testimone di quanto è avvenuto. E’ importante che ciò sia stato affermato dalla Cassazione», ha detto l’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo. «Ho scelto il silenzio per sei mesi per rispetto ai giudici, agli investigatori e all’Arma dei carabinieri. Mi sono assunto le mie responsabilità -ha spiegato- verso i cittadini e gli elettori dimettendomi per colpe che sono personali e che hanno coinvolto anche la mia famiglia».

La Cassazione ha affrontato per la prima volta il “caso Marrazzo” nelle motivazioni, appena depositate, del provvedimento con il quale ha confermato le misure cautelari nei confronti dei carabinieri coinvolti, indicando anche un ruolo più grave nei confronti del maresciallo Nicola Testini.

In particolare, per quanto concerne la posizione di Marrazzo nell’ambito della vicenda che lo ha portato alle dimissioni dopo essere stato sorpreso e filmato da alcuni carabinieri insieme al trans Natalie, anche con una dose di cocaina, la Suprema Corte – respingendo i tentativi dei difensori dei carabinieri di gettare discredito sulle dichiarazioni dell’ex governatore – rileva che “nei confronti di Marrazzo nulla autorizza ad ipotizzare condotte delittuose, essendo egli chiaramente la vittima predestinata di quella che é stata considerata come un’imboscata organizzata ai suoi danni”.

Aggiunge la Cassazione che nemmeno la presenza della cocaina in casa di Natalie può condurre “a diverse conclusioni”. E ciò non solo perché in base ai risultati delle indagini la presenza della cocaina “é stata attribuita proprio agli indagati, che miravano evidentemente a rendere più gravosa la posizione del Marrazzo per renderlo più vulnerabile e pronto a subire qualsiasi ricatto, ma anche perché, se pure la droga l’avesse portata l’ex governatore, nessuna conseguenza di natura penale avrebbe potuto derivargliene, trattandosi di droga chiaramente destinata al consumo personale”.

Inoltre, spiega la Cassazione, che è “ugualmente irrilevante, sotto il profilo penale, l’uso, da parte dello stesso Marrazzo, dell’auto di servizio per raggiungere l’abitazione di via Gradoli, dal momento che di questa auto l’ex presidente della Regione Lazio era autorizzato a servirsi”. Del tutto “pretestuose” – chiarisce ancora la Cassazione – sono “le altre ‘accuse’ rivolte al Marrazzo dagli indagati, strumentali all’esigenza di farne emergere l’inesistente posizione di soggetto indagato, come il riferimento ad una ‘falsa’ denuncia di smarrimento degli assegni”. Il riferimento è ai tre assegni, per un totale di 20 mila euro ‘estorti a Marrazzo’ dai carabinieri Luciano Simeone e Carlo Tagliente durante l’irruzione a via Gradoli, dei quali Marrazzo diede notizia alla banca per “evitarne la commercializzazione o la possibilità di favorire i suoi ‘aguzzini'” con quelle somme.

Le accuse raccolte nei confronti dei carabinieri della Compagnia Trionfale di Roma, implicati nel ‘caso Marrazzo’, “quantomeno autorizzano a ritenere che il gruppo era solito assumere, agendo di comune accordo, atteggiamenti fortemente prevaricatori e di vera e propria rapina nei confronti di soggetti facilmente esposti ai condizionamenti nascenti dall’attività esercitata o dalla loro precaria condizione sociale”.

Lo sottolinea la Cassazione – nelle motivazioni della sentenza 15082 della Quarta sezione penale, relatore Giacomo Foti – confermando la pericolosità degli uomini dell’Arma coinvolti nel ricatto ai danni dell’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. Per questo la Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura di Roma contro la scarcerazione del maresciallo Nicola Testini, nel frattempo rimesso in carcere – lo scorso 29 marzo – con l’ulteriore accusa di aver procurato la morte del pusher Gianguerino Cafasso, ucciso da una overdose il 12 settembre 2009 e trovato morto in un albergo romano sulla Via Salaria.

A proposito di Testini e dei carabinieri scelti Carlo Tagliente e Luciano Simeone, la Cassazione segnala, tra i loro “comportamenti anomali”, quello di aver preteso, più volte, l’utilizzo gratuito di camere del bed and breakfast ‘Wilson’ sulla Via Cassia – come hanno testimoniato il titolare e un dipendente – e solo dopo aver ottenuto le camere gratis per loro “uso personale” erano cessati i “continui controlli” ai quali sottoponevano la struttura.