Crac Parmalat, “Tanzi vada in carcere”: la richiesta del procuratore generale della Cassazione

(ANSA) – ROMA, 2 FEB – Calisto Tanzi deve tornare in carcere. E’ la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione Vito Monetti, oggi, in udienza davanti ai supremi giudici della V sezione penale che dovrà decidere se confermare o meno l’ordinanza del tribunale del riesame di Milano che nell’ottobre scorso aveva deciso il carcere per l’ex patron di Parmalat, a seguito della condanna in secondo grado per aggiotaggio e altri reati a dieci anni di carcere e il versamento di cento milioni di euro ai risparmiatori truffati.

Secondo il riesame, infatti, sussiste il pericolo di fuga, date le ”ingenti risorse finanziarie” dell’ex manager.

Dopo la condanna in secondo grado per aggiotaggio e altri reati inflitta all’ex patron della Parmalat nel maggio 2010 dalla corte d’appello di Milano la procura aveva chiesto per Calisto Tanzi la custodia cautelare in carcere, nonostante ancora non ci fosse sentenza definitiva, perché ”altamente probabile” il pericolo di fuga date le risorse finanziarie dell’ex manager che gli avrebbero consentito anche una lunga latitanza. Questa prima richiesta di arresto venne respinta dalla corte d’appello di Milano ma, in seguito all’istanza riproposta dalla Procura Generale, il tribunale del Riesame lombardo aveva invece stabilito che Tanzi dovesse andare in carcere.

A pesare sulla sua decisione, era stato anche il ritrovamento di alcuni suoi beni di ingente valore, tra cui alcune tele di Van Gogh e Picasso, occultati per molto tempo ma infine individuati dalla Guardia di finanza. Contro la decisione del Riesame, la difesa di Tanzi ha fatto ricorso in Cassazione.

Oggi i supremi giudici, quindi, decideranno se l’ex cavaliere del lavoro, che ha più di settant’anni, debba andare in carcere in attesa della sentenza definitiva sul processo per aggiotaggio. Nel frattempo allo stesso Tanzi nel dicembre scorso è stata inflitta un’altra condanna, in primo grado, a diciotto anni di carcere, per bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere, emessa dal tribunale di Parma dopo un processo durato quasi tre anni che ha ricostruito il crac da 14 miliardi di euro.

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