Emanuele Morganti, sorella: “Ucciso per vendetta, c’entra una donna. Storia di mesi fa”

Emanuele Morganti, la sorella: "Assassino anche chi va a piangere in tv e non lo ha salvato"
Emanuele Morganti, la sorella: “Assassino anche chi va a piangere in tv e non lo ha salvato”

ROMA – “Ucciso per vendetta, c’entra una donna. Una storia di mesi fa”. A Le Iene si è parlato del caso di Emanuele Morganti, il giovane ucciso ad Alatri davanti a una discoteca. Giulio Golia ha intervistato Melissa, la sorella del ragazzo, che ha raccontato gli ultimi momenti trascorsi al fianco del fratello, ma si è anche scagliata contro chi non ha fatto nulla per impedire la tragedia.

Melissa racconta quindi un aneddoto che lascia pensare a un caso di vendetta:

“A novembre – dicembre mi disse che c’era uno che lo voleva menare. Mi disse: “Ho parlato con una ragazza, il fidanzato l’ha presa a botte e io mi sono messo in mezzo. L’ho tenuto a terra. Mi ha detto che se tornavo lì mi ammazzava”. Non sto dicendo che sia l’assassino di mio fratello, racconto il fatto”.

Il ragazzo in questione in realtà è già in carcere, ma Melissa ha fatto ulteriori ricerche, scoprendo che è amico di Mario Castagnacci, uno degli indagati.

“Le mani degli assassini non sono solo quelle di coloro che l’hanno colpito”, ha continuato la ragazza: “Nessuno, nessuno ha chiamato i carabinieri. Uno dei reati più gravi commessi quella sera è l’omissione di soccorso, a cominciare di tutti. Compresa chi va in televisione a piangere. Se quando iniziava il tutto qualcuno faceva qualcosa, non sarebbe successo. Nessuno ha fatto niente. Non dico gli amici che hanno cercato di difenderlo, certo. Ma chi fisicamente non poteva fare niente, poteva gridare, chiamare qualcuno. Perché non dicono la verità”.

Per il delitto, oltre a Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, ci sono altri sei indagati per omicidio volontario, compresi i buttafuori della discoteca Miro.

“I medici mi hanno detto che non c’era niente da fare. La bestia che l’ha colpito, l’ha colpito per ucciderlo, sapeva dove colpire. Non si poteva nemmeno tentare un intervento, aveva il cervello spappolato. I suoi occhi erano neri e gonfi, era quasi deformato. Al mattino non aveva più attività cerebrale. Abbiamo aspettato le sei ore in cui, per legge, doveva essere alimentato prima che vengano spente le macchine. Spero che quelle persone vivano a lungo, con quell’atrocità, quell’orrore che ho provato io. Da quanto è morto non ho più paura di morire, perché c’è lui che mi aspetta. Non sono convinta che sia stata una disgrazia o una cosa sfuggita di mano”.

 

A questo link l’intervista completa de Le Iene.

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