Genova: il palazzo della morte, quell’androne maledetto

Pubblicato il 4 Novembre 2011 - 18:25 OLTRE 6 MESI FA

GENOVA – Via Fereggiano, civico numero 2. E’ il pomeriggio di venerdì e la pioggia già da ore martella Genova, tanto che le strade sono impantanate da acqua mista a fango. Una miscela mortale che blocca le macchine e i passanti, terrorizza le mamme con i bambini. Proprio una mamma con i suoi due bambini cerca rifugio dove in realtà non dovrebbe. E come lei anche altre persone. Pensano che l’androne di un palazzo, probabilmente il primo che capita nel loro percorso, possa essere un rifugio contro la marea di fango che scende giù dalla strada e travolge macchine e cassonetti. Non sanno che proprio lì moriranno. E’ una corsa la loro, sono 5 in tutto. Cinque persone sulle sei vittime totali che hanno trovato la morte in quell’androne maledetto. Sono corse verso quello che sembrava un rifugio ma non hanno fatto in tempo a salire i gradini, sono rimasti impantanati all’ingresso di quel palazzo dove la marea li ha raggiunti.

”Il ragazzino gridava ‘c’è la mamma c’è la mamma’ ma io non la vedevo più, non ho potuto fare nient’altro. Sono riuscito a tirare fuori lui e un anziano, che tra l’altro conosco. Ma gli altri non si vedevano più’: è il drammatico racconto di Francesco Plateroti, 45 anni, che abita al n. 2 di via Fereggiano. Il soccorritore ne ha salvati due, Domenico Sanfilippo, 15 anni, e il suo amico Ranieri, di oltre 60. Erano rimasti aggrappati alla ringhiera del sottoscala dove sono morte le altre persone travolte dall’onda di piena. ”Non riuscivo a tirare fuori quel ragazzo – ha detto Francesco – perché la corrente lo tirava giù. Gridava aiuto. Poi ho trovato un arbusto e glielo ho allungato e non so come l’ho tirato fuori. L’altro signore non è riuscito proprio a muoverlo, era troppo pesante, era incastrato. Gli ho detto di girarsi, lui si è mosso e non so come sono riuscito a tirarlo fuori”. ”Poveretto. Quel ragazzo mi gridava che c’era la sua mamma – continua – ma io non li vedevo”.