Pensioni rosa: assegno di vecchiaia slittato di 3 anni? Ecco chi rischia

Pubblicato il 3 Dicembre 2011 - 18:21 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Quante sono le lavoratrici che potrebbero vivere con ansia estrema queste ore di vigilia del maxi-decreto? Il casellario degli attivi dell’Inps indica quest’anno 77.370 iscritte con 60 anni d’età. Di queste nate nel 1951, ben prima delle “ragazze del baby boom”, circa 55 mila hanno già doppiato la boa dei vent’anni di versamenti contributivi e, quindi, a gennaio avrebbero potuto presentare domanda per la pensione. Loro sanno già che prima di incassare l’assegno Inps dovranno lavorare ancora un anno per via della finestra unica, ma già avere in tasca il riconoscimento dei requisiti per il pensionamento rende leggeri gli ultimi 12 mesi in fabbrica o in ufficio.

Il rischio ora è che si allontani di qualche anno anche il certificato Inps. Se verrà confermata l’ipotesi che vuole un allineamento del requisito d’età per la vecchiaia ai 66-67 anni degli uomini entro il 2016 o il 2018, è altamente probabile che un gradino scatti già a gennaio (si parla di tre anni).

Come spiega Il sole 24 Ore, se il nuovo “scalone” arriverà davvero, quelle 55mila lavoratrici dei settori privati iscritte all’Inps si unirebbero alle circa 6.350 dipendenti pubbliche che, invece, hanno già messo il cuore in pace, visto che, per loro, il passaggio al nuovo requisito di pensionamento di vecchiaia (65 anni) è già certo e, a questo punto, a sua volta, suscettibile di aggiornamento al rialzo.

Nella giornata di venerdì su questo tassello della manovra pensionistica si sono appuntate le attenzioni dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, per una volta allineato con la segretario della Cgil, Susanna Camusso. “È necessario evitare – ha detto Sacconi – innalzamenti troppo drastici dell’età minima obbligatoria, magari coniugati con un anticipo del calcolo contributivo, perché l’effetto per molte donne sarebbe quello di un’attesa nella disoccupazione di una pensione di entità inferiore a quella programmata”.

“Il paradosso che potrebbe verificarsi – ha fatto notare Sacconi, ma un avvertimento analogo è arrivato anche da Giuliano Cazzola, vicepresidente della Commissione Lavoro alla Camera ed esperto di previdenza – è che le donne vengano portate nei fatti a raggiungere la pensione più tardi degli uomini per il diverso grado di accesso all’anzianità contributiva, visto che le loro carriere lavorative sono più discontinue. Un paradosso che, per la verità, potrebbe essere superato con la stretta annunciata ai requisiti per la pensione anticipata”.