ROMA – Se qualcuno vi perseguita via sms, non rispondete. Nemmeno per minacciarlo di denunce. Per la Cassazione infatti non è stalking se la vittima risponde.
Il caso in questione è quello di una donna di Napoli che continuava a rispondere ai messaggi minatori dell’ex fidanzato. Circostanza che, secondo i Supremi Giudici, farebbe cadere l’accusa di stalking. Non solo. Vengono meno anche altre misure di protezione come le ordinanze restrittive in favore della vittima. Scrive la Cassazione:
“Laddove il comportamento del soggetto passivo in qualche modo assecondi il comportamento del soggetto agente, vien meno il requisito indispensabile del mutamento radicale delle proprie abitudini e la situazione di ansia che segna in modo irreversibile la vita della vittima”
Il reato di stalking prevede infatti che debbano persistere determinate condizioni, il sopraggiungere dello stato d’ansia e il mutamento delle proprie abitudini, appunto, di cui si parla nella sentenza.
Inoltre, secondo i giudici, sarebbe poco coerente con la situazione di pericolo denunciata, un incontro chiarificatore che la ragazza avrebbe concesso al suo ex fidanzato, sfociato poi in presunta violenza sessuale.
La Suprema Corte ha dunque confermato quanto stabilito dal Tribunale del riesame di Napoli che ha accolto il ricorso del presunto stalker, annullando il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla ex.
“Il Tribunale del riesame – scrive la Cassazione – nel valutare il racconto della persona offesa, pur prendendo atto delle minacce continue, ed anche gravi, poste in essere da Oscar P. anche al cospetto di estranei, non ha potuto far a meno di verificare comportamenti per lo meno incongrui posti in essere dalla destinataria di tali minacce, consistiti nel proseguire i rapporti telefonici rispondendo al proprio interlocutore anziché prenderne le distanze”.