Terrorismo, Iran interviene. Scarcerati i 2 fermati a Genova

Terrorismo, Iran interviene. Scarcerati i 2 fermati a Genova
Terrorismo, Iran interviene. Scarcerati i 2 fermati a Genova

GENOVA – Arrestati con il sospetto di essere legati ad una rete di terroristi, sono stati rilasciati a sorpresa Karim e Shahad El Kounani, i due fratelli fermati all’aeroporto di Genova il 31 dicembre 2015 con documenti falsi e foto di armi nel telefono cellulare. Dopo mesi di silenzio, e dopo essere stata interpellata invano dalla Procura, l’ambasciata iraniana di Roma ha confermato che i due sono davvero cittadini iraniani, come loro avevano sostenuto dopo la prima versione secondo cui sarebbero stati belgi.

I due, ricorda il Secolo XIX, avevano patteggiato un anno e quattro mesi per l’accusa di possesso di documenti falsi, ma il tribunale aveva deciso di non permettere loro di lasciare il carcere perché non si sapeva chi fossero, dal momento che l’ambasciata iraniana non aveva mai chiarito se fossero davvero cittadini iraniani.

Ricorda il Secolo XIX:

Il mistero dei due fratelli inizia il pomeriggio di San Silvestro, quando la polizia di frontiera li scopre dopo una segnalazione d’intelligence .

Hanno carte d’identità false nelle quali si chiamano Michael e Miriam Elali, belgi, si dichiarano siriani in fuga dalla guerra e trascinano due mini-trolley contenenti un cellulare con varie fotografie di kalashnikov. Intercettati in una saletta del carcere prima degli interrogatori provano a mettersi d’accordo, correggono il tiro dicendosi iraniani e nel frattempo i magistrati scoprono un po’ di cose: sono partiti il 23 novembre da Teheran, sono stati a Istanbul, poi a Berlino da cui hanno preso un aereo per Milano Malpensa ed erano in procinto di raggiungere «un fratello» a Londra.

Il contatto inglese in effetti esiste, sebbene i legami non siano tuttora chiari e Shahad racconti pure di avere un marito al suo Paese. Più avanti i magistrati appurano che avevano dormito quattro giorni in albergo a Genova con altri due uomini (cognomi arabi desunti da documenti tedeschi, forse falsi, fotocopiati in hotel); e soprattutto che Karim era già stato in Italia, atterrando a Milano con un volo da Amsterdam. Fra le piste prese in considerazione c’è stata a lungo quella del dry run, un test sui controlli. Alla fine li condannano solo per i documenti, ma i conti non tornano e rimangono in cella.

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