Libia, razzi Nato su insorti e civili

Pubblicato il 3 Aprile 2011 - 08:49 OLTRE 6 MESI FA

AJDABIYA (LIBIA) – Sull’accaduto ci sono almeno tre versioni, più o meno simili, o verosimili: ma ciò che è certo, sono una quindicina cadaveri nella sabbia, alle porte di Al Brega. Tutti ”combattenti rivoluzionari, tranne un medico e tre infermieri”.

E poi, quattro veicoli distrutti, tra cui un’ambulanza. Sono il risultato di ”un errore dei caccia della Nato”, dicono all’ospedale di Ajdabiya, circa 50 km più a Est, nelle retrovie della ”rivoluzione”. Sabato sera, ”verso le sette, alcuni dei nostri hanno sparato in aria, per festeggiare”. Forse solo un effimero avanzamento verso Brega al Jedida, il quartiere nuovo della cittadina petrolifera a 220 km a Sud-Ovest di Bengasi.

”Probabilmente i caccia si sono sentiti presi di mira e hanno aperto il fuoco”, ha raccontato all’Ansa uno dei combattenti, Maraid Khalifa. Il tutto mentre gli scontri continuano a infuriare anche a Misurata, terza città della Libia a 200 chilometri da Tripoli controllata dagli insorti e stratta d’assedio da oltre un mese. Secondo fonti locali non confermate, tra ieri e oggi vi sarebbero stati una trentina di morti.

Un medico ha inoltre riferito all’agenzia Reuters che nell’ultima settimana le vittime sono state 160: una media, ha precisato, costante da quando i combattimenti in corso. ”Moltiplicate per sei e fate voi i conti”, ha aggiunto. Da giorni Al Brega è tornata per l’ennesima volta sotto il controllo dell’Armata Verde di Gheddafi, e sabato si combatteva strada per strada.

”Io sono arrivato lì stamattina, alle 06:00, per seppellire i corpi dei nostri combattenti, una quindicina, e recuperare i feriti, almeno sei. Ma era difficile, c’erano in giro ancora i cecchini. Ci hanno sparato addosso”, dice Maraid, a voce bassa, con lo sguardo vitreo, senza mostrare troppe emozioni. Per essere più chiaro possibile, con calma tira fuori dalla tasca sotto al giubbotto anti-proiettile il telefonino, e mostra in silenzio le immagini che ha filmato sulla scena: sono mosse, sgranate, ma inequivocabili, agghiaccianti. Si vedono diversi corpi dilaniati, mutilati, carbonizzati. Alcuni hanno il teschio a nudo, bianco, calcinato. E poi si vedono le fosse, scavate sul posto, e almeno tre degli ormai caratteristici pick-up dei rivoluzionari, distrutti, ridotti allo scheletro. E una ambulanza, nelle stesse condizioni, e con le porte spalancate.

Altri ”testimoni” all’ospedale di Ajdabiya hanno raccontato che gli spari in aria sono stati esplosi perché i ribelli ”credevano che stessero passando gli aerei di Gheddafi”. Altri che ”soldati di Muammar si sono infiltrati tra i nostri e hanno sparato in aria per attirarci addosso le bombe della Nato”. Al quartier generale dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles una portavoce ha dal canto suo affermato che ”se ci sparano contro, abbiamo il diritto di difenderci”, e che ci sarà un’inchiesta.

Comunque la notte di guerra a Brega ha fatto anche altre vittime. Sei o sette km piu’ avanti, verso la cittadina, altri cadaveri. Ancora una quindicina, ma di soldati lealisti. In questo caso la dinamica della battaglia e’ ancora piu’ confusa. I corpi mostrano diversi fori di colpi di arma da fuoco, ma non sono bruciati. Sono sparsi nel raggio di tre o quattrocento metri, dove ci sono anche alcuni crateri, probabilmente di granate, o di missili Grad. Nessuno nell’ospedale sembra sapere cosa è successo. Ma del resto tutti hanno molto da fare. Nelle ultime ore hanno dovuto medicare o operare molti feriti. A metà mattinata è arrivata anche una troupe della Bbc che si e’ avvicinata troppo a Brega ed è stata respinta a ”colpi di mortaio”.

Un traduttore è anche rimasto leggermente ferito. ”E’ meglio non andare verso Brega, quelli di Gheddafi tengono ancora la strada sotto tiro”, si è limitata a dire la giornalista inglese, che non vuole essere citata per nome, ”perche’ non e’ successo nulla, solo un graffio, non ne vale la pena”. ”Ad uno dei nostri shabab abbiamo dovuto amputare una gamba. Ad uno dei soldati di Gheddafi abbiamo dovuto asportare un rene”, dice dal canto suo il dottor J.S. Mohammed, primario dell’unita’ di terapia intensiva. E poi racconta: ”qui hanno portato anche i corpi di tre soldati ‘nemici’. Nelle tasche di uno di loro, un mercenario del Ciad, c’erano mille dinari (circa 650 dollari), nuovi, nuovi. Poi abbiamo capito: erano falsi. Ormai – dice quasi alzando la voce eccitato – il Colonnello non ha più soldi, e paga i suoi mercenari con carta straccia”.

Accanto a lui, il dottor Ahmad Ghani, di appena 22 anni, annuisce pensieroso. E’ arrivato da pochi giorni ad Ajdabiya da Khoms, distante 800 km. ”Per aiutare”, dice quasi con pudore. Ad una domanda sul raid della Nato sui ribelli pero’ risponde convinto: ”Errori del genere capitano. Hanno sbagliato anche i nostri. E poi, se la Nato andasse via, il numero dei morti salirebbe ben piu’ in fretta. Sarebbe molto peggio”.