Pena di morte: quando la vittima perdona e lotta contro l’omicidio dell’assassino

Ha perdonato la donna che gli ha ammazzato la sorella con 27 colpi di vanga: Rona Carlson c’è riuscito. E da dodici anni gira il mondo per raccontare come ce l’ha fatta.

Porta con sé una cartellina rossa, dentro la foto della sorella Deborah, giovane e bella, che gli ha fatto da madre quando la loro madre morì. E un passo del vangelo di Matteo, capitolo sei, versetti 9-15, sulla capacità di perdonare.

La possibilità del perdono, racconta il Corriere della Sera, Ron l’ha scoperta la prima volta che è andato a trovare Karla Tucker in prigione. Lei gli chiese chi fosse. Lui rispose: “Il fratello di Deborah”. Lei scoppiò in lacrime. In quel momento lui capì che poteva perdonare.E quando venne eseguita l’iniezione letale, andò ad assistervi seduto insieme alla famiglia di Karla, non tra i suoi parenti.

Ron è in questi giorni a Roma per la Giornata internazionale “Città per la Vita. Città contro la Pena di morte”: lui e altri familiari delle vittime che hanno perdonato sono ospiti della Comunità di Sant’Egidio. Uniti da una lotta comune: quella per l’abolizione della pena di morte.

Tra loro c’è anche chi è scampato per un pelo all’esecuzione, dopo una condanna poi rivelatasi ingiusta. Come Derrick Jamison, per 20 anni nel braccio della morte e poi nel 2005 riconosciuto innocente.

In America sono 140 i condannati a morte riconosciuti, ad oggi, innocenti. “L’11 novembre scorso sono stati 107 all’Onu i voti a favore della nuova Risoluzione per una moratoria universale delle esecuzioni capitali — dice Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio —. I contrari 38 e gli astenuti 36. Un grande successo che si legge non solo nel voto favorevole in più ma anche, e forse soprattutto, negli 8 voti contrari in meno”.

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