La rivolta in Egitto e il rischio “infarto” alle vie del petrolio. L’Opec pronta al rialzo

LONDRA- La rivolta per le strade d’Egitto infiamma il mercato del petrolio. L’Opec, il cartello dei Paesi produttori, è pronta ad aumentare la produzione di oro nero, visto che la crisi politica ha acceso la possibilità di un blocco dei transiti delle navi dal canale di Suez.

Le quotazioni del greggio Brent hanno toccato i 100 dollari a Londra: è la prima volta da ottobre 2008 che il greggio di riferimento europeo raggiunge questa soglia. Per quanto riguarda il future sul Light crude nelle contrattazioni elettroniche del Nymex il prezzo segnato è di 90 dollari al barile, (+0,9 per cento), dopo il massimo di 90,87.

Con la paura di un infarto delle vie petrolifere strategiche si prospetta una “carenza reale” di greggio. Il segretario generale dell’Opec Abdallah Salem El-Badri ha lanciato l’allarme:  “C’è un reale rischio di penuria” per il mercato mondiale se la crisi portasse allo stallo dei trasporti dell’oro nero,  in particolare nel Canale di Suez.

Da questa strettoia, controllata dall’Egitto, passano circa un milione di barili al giorno: il Canale è uno degli snodi principali per il trasporto di petrolio dal Medio Oriente e in Europa. “Se vedessimo gli effetti di una reale carenza saremo costretti ad agire” per rimediare, ha detto El-Badri, a margine di una conferenza di esperti riuniti a Londra.

Qual è la connessione tra la crisi politica e il mercato del greggio? Negli ultimi anni la bilancia egiziana in materia di export si è drammaticamente spostata al ribasso e i consumi interni invece sono aumentati. Venendo a mancare le quantità di denaro ottenuti dall’esportazioni, quelli degli anni della ripresa, sono mancati anche i soldi per poter pagare le sovvenzioni statali a chi non lavora.

A questa situazione si aggiunge il forte disavanzo in cui si trova il bilancio del Paese, mentre il tasso di inflazione continua a crescere (13%), così come il numero di nascite.

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