Diari di Mussolini, veri o falsi? Molti storiografi (anche di destra) dubitano che siano autentici

Pubblicato il 27 Dicembre 2010 - 07:00 OLTRE 6 MESI FA
benito mussolini

Benito Mussolini

Appena pubblicati, i diari di Mussolini (o presunti tali) sono già diventati un caso. Il lavoro, curato da Marcello Dell’Utri ed Elisabetta Sgarbi, ha fatto storcere il naso a molti critici e storici, che hanno messo in dubbio l’autenticità dell’opera.

Un articolo di Malcom Pagani pubblicato su Il Fatto Quotidiano ha ricostruito i dubbi di alcune “personalità” del campo: “Smentisce Edda Ciano, nel 1994, qualche mese prima di morire: “Soltanto parole buttate al vento come molte altre cose che si sono dette su mio padre”.

Nega risolutamente Luciano Canfora, picchia duramente Emilio Gentile, al termine di un’indagine durata due mesi e non poche ore al tavolo di un ristorante di confine, come accadde a Denis Mack Smith anni prima. Gentile mette in fila omissioni, elementi mancanti che nell’esistenza di Mussolini assunsero un ruolo chiave. Nota l’assenza di giudizi sui gerarchi del partito e di commenti sui libri letti: “Mentre è certo che le note di lettura erano una caratteristica dei diari di Mussolini””.

E non è una questione prettamente “politica”, sottolinea Pagani. Non sono cioé solo gli antagonisti politici di Mussolini a non credere che questo diario sia autentico: “Non è solo la storiografia di sinistra a dubitare, ma anche profondi studiosi del periodo di destra come Giordano Bruno Guerri: “La mia impressione che si tratti di un falso è nettissima” e docenti alla Cattolica di nome Marino Viganò: “Questi diari si devono smascherare (…) è pressoché inutile una perizia di carta, inchiostro e grafia”.

A Bompiani che ha publicato i Diari sostenendo di non dover dare un giudizio di veridicità a un sedicente libro storico (perché una prova regina, in un senso o nell’altro non esiste), scrive Pagani, “è riuscito il miracolo che lo stesso Duce non realizzò se non a prezzo della dittatura: unire mondi inconciliabili, far parlare, con la stessa opinione, gente delle più diverse estrazioni”.

Pagani racconta poi di alcuni scritti, attribuiti al Duce, “che se non fossero tragici, farebbero sorridere, che il grottesco si fonda con lo straniamento. 13 novembre 1938, si vota la legge per la difesa della razza. Nei falsi diari, Benito ha la pietas di Madre Teresa: “Si vorrebbero espellere gli ebrei dal Partito. No-non approvo”. O ancora, nelle riflessioni dell’11 febbraio 1939: “Io sono contro le leggi razziali. Gli ebrei vivano come hanno sempre vissuto. La razza ariana o no, per me è la stessa cosa”.

Se l’intento, dice Pagani, è “autoassolutorio, potrebbe far propendere qualche esegeta sull’autenticità delle pagine ripensate all’uopo, in attesa di processi che il corso degli eventi renderanno inevitabili, sono le spudorate copie dei resoconti dei giornali dell’epoca, le date di compleanno sbagliate di Mussolini stesso (notevole deviazione nel non-sense), gli errori ortografici: “Il movimento popolare iniziato da Marx ed Hegel (sic)”, i nomi delle persone che il Duce conosceva bene da alcuni anni, riportati come se Mussolini li incontrasse per la prima volta, gli elogi a D’Annunzio (in realtà detestato) a dare davvero la cifra dell’inganno”.