ROMA. La Chiesa del Sinodo sulla famiglia si divide e desta meraviglia negli osservatori, Ma, ragionando con qualche cognizione di causa, sarebbe più corretto dire che la Chiesa non si spaventa della sua divisione e non la nasconde al mondo. È bene? È male? Diciamo che, di questi tempi, è inevitabile e anche auspicabile. Al bisogno di sapere non si sfugge. Questo deve aver pensato Papa Francesco, quando ha invitato e un po’ “costretto” i padri sinodali alla “paressia”, al parlar franco, senza infingimenti; a dire quello che ognuno di loro pensa veramente.
Il pontefice li ha messi a loro agio, cardinali e vescovi si sono comportati come se non vedessero l’ora di dirsi le cose senza giri di parole. La novità è nella pubblicità della discussione, non nella divisione fra maggioranza e minoranza.
La novità è nel fatto che sappiamo come sono andate le cose: sugli omosessuali e sulla comunione ai divorziati risposati, la relazione di Walter Kasper ha ottenuto la maggioranza, ma non i due terzi dei consensi previsto dagli statuti. Sugli altri canoni, meno divisivi, il consenso è stato largo. Adesso che cosa succederà? Succederà che il vero Sinodo ha inizio da oggi, visto che le decisioni con i timbri saranno prese fra un anno. Francesco ha voluto saggiare lo stato delle gerarchie ecclesiastiche, il loro orientamento.
Un anno di Sinodo aperto servirà a capire che cosa serve davvero alla Chiesa per restare collegata al mondo di oggi, refrattario alle regole e sempre più orientato a cancellare la parola “peccato” dai suoi comportamenti liberi e insindacabili. Il Papa è stato netto nel cancellare dalla discussione i vocaboli “conservatore” e “progressista”. I pastori di anime non sono chiamati a schierarsi secondo le mode della politica, ma a confrontarsi sull’interpretazione della parola di Dio, senza ignorare i mutamenti del mondo, secondo l’insegnamento di Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, e riferimento costante di Francesco.
Spetterà a lui, il papa, l’ultima parola a conclusione dei lavori sinodali. Sarà lui a dover trovare una soluzione che non metta a rischio l’unità della Chiesa. Per adesso si può solo prevedere che Francesco vorrà una Chiesa “con le porte aperte a tutti”, ai “peccatori” innanzitutto perché nel Vangelo una pecorella smarrita vale più delle cento che stanno nell’ovile. Il che induce a pensare che la relazione del cardinale Peter Erdo e dell’arcivescovo Bruno Forte, contestatissima dai conservatori Gerard Muller e dai suoi, abbia avuto l’avallo del Papa. I compromessi sono possibili, ma la strada è tracciata.
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