Divorzio non salta se convivi. Cassazione: c’è la crisi e…

di Simona Napolitani
Pubblicato il 9 Febbraio 2016 - 07:55| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Divorzio non salta se convivi. Cassazione: c’è la crisi e…

Divorzio non salta se i coniugi separati continuano a convivere. La Cassazione ha riconosciuto che recessione porta a convivenze forzate che non significano riconciliazione.

Uno dei maggiori problemi che discendono dalla crisi tra coniugi, e la conseguente decisione di separarsi, è quello legato non solo alla ricerca di una nuova abitazione, che sia adeguata alle esigenze del partner che lascia la casa familiare – come, ad esempio, la necessità di avere una residenza vicina ai figli – ma ai costi da affrontare, spesso incompatibili con i redditi che si hanno a disposizione e le spese che sopraggiungono a seguito delle  nuove esigenze di vita.

Né a tali difficoltà poteva supplire la scelta di rimanere a vivere nello stesso immobile, seppure da separati, perché la giurisprudenza ha ritenuto incompatibile lo stato di separazione con quello di coabitazione, sulla base del seguente principio: la decisione di porre fine al legame porta la necessità del rilascio della casa familiare da parte di uno dei coniugi, altrimenti si deve dare adeguata prova della divisione dell’appartamento in due unità. Inoltre, il rischio di una prosecuzione della convivenza, a seguito della separazione, dà la possibilità di eccepire l’intervenuta riconciliazione ed impedire, così, la possibilità di ottenere la pronuncia di divorzio.

Una recentissima pronuncia della Cassazione interviene per affermare il principio contrario, ossia la coabitazione non prova l’avvenuta riconciliazione; i giudici di legittimità respingono il ricorso di una donna che cercava, dopo la separazione, di scongiurare il divorzio puntando sulla ritrovata comunione con l’ex marito, che si era protratta quasi sino alle soglie della richiesta di divorzio.

La prova della convivenza non è in genere risolutiva ma lo è ancor meno in tempi di crisi economica e di recessione, per cui la coabitazione assume un altro significato quando è imposta dalla impossibilità di trovare un altro alloggio a causa dei costi. I Giudici della Cassazione fanno infatti riferimento al concetto della “coabitazione inerziale”, o interessata da  ragioni meramente materiali, per fattori economici o logistici di altra natura dovuti “alla notoria caduta dei redditi, accentuatasi in ragione della crisi economica del paese.”

Inoltre, nel caso specifico sussistono diversi elementi che deponevano contro la ritrovata armonia che occorre provare quando si vuole evitare una pronuncia di divorzio: una domanda di addebito formulata dal marito in primo grado e l’accertamento di una tensione che aveva indotto i due a vivere in camere separate.

Come sempre, la giurisprudenza risponde assai meglio alle esigenze della società civile rispetto al nostro Legislatore.