In queste ore milioni di italiani hanno festeggiato i ” Primi ” 60 anni della Rai, altri invece continuano a pensare a come ” Fare la festa alla Rai”.
Non si tratta di cittadine e di cittadini, magari indignati per questo o quel programma, o per le spese eccessive, o per un compenso straordinario, ma dei soliti noti che, da decenni, provano a ” Dissolvere” il servizio pubblico, come per altro già indicato da Licio Gelli nel suo cosiddetto Piano di rinascita nazionale.
Così un vasto fronte trasversale é sempre all’opera; ci prova e di riprova, di volta in volta assume le sembianze del leghista incazzato, del grillino indignato, del forcone di passaggio, del liberista accanito, del professore tecnocrate, del ” democratico” innovatore.
Il quotidiano di famiglia ” Libero” ha sintetizzato questi umori con il titolo ” Privatizziamola”, sparato in occasione del compleanno di viale Mazzini.
Dal momento che non siamo tra quanti temono privatizzazioni, liberalizzazioni e radicali riforme dell’esistente, non ci scandalizziamo che si possa discutere anche di questo tema, purché si sappia di cosa si sta parlando e di quali siano gli interessi in campo.
Sarà appena il caso di ricordare che le istituzioni europee e le agenzie internazionali .che si occupano della libertà dei media, hanno assegnato all’Italia una posizione indecorosa nelle graduatorie internazionali.
Tale posizione non discende dalla ” Fucilazione ” dei cronisti, ma dagli irrisolti nodi strutturali che condizionano il sistema dell’informazione.
I riferimenti e i richiami riguardano il conflitto di interessi, la debolezza delle normative anti trust, la fonte di nomina delle Autorità di garanzia e del consiglio di amministrazione della Rai, le cosiddette ” Querele temerarie”.
Nessun richiamo ha mai riguardato la eventuale privatizzazione del servizio pubblico e neppure una sua progressiva riduzione di ruolo e di funzione.
Di fronte a questo quadro, i governi e la politica, non riescono a fornire risposta alcuna e preferiscono buttare la palla in tribuna e sproloquiare di privatizzazioni che, per altro, non faranno, anche perché mancano i compratori.
Di privatizzazione in privatizzazione, nel frattempo, non si sfiora il conflitto di interessi e non si prova neppure a mettere governi e partiti fuori dalle Autoritá di garanzia o dal consiglio di amministrazione della Rai.
Chi oggi invoca la privatizzazione della Rai, senza aver prima affrontato le questioni relative al conflitto di interesse, alla distribuzione delle risorse e alla autonomia del servizio pubblico, o non sa quello che dice, o sta solo lavorando per impedire qualsiasi riforma del settore.
Forse, quando la Rai compirà cento anni, i sostenitori del conflitto di interesse e i custodi di una Rai occupata dai governi di turno si ritroveranno ancora insieme per invocare le privatizzazioni e “Surgelare in eterno” le reciproche convenienze e connivenze.
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