Primavera e inverno si accorciano, si allargano estate e autunno

di Riccardo Galli
Pubblicato il 21 Marzo 2013 - 15:13| Aggiornato il 28 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

NEW YORK – “Signora mia non ci sono più le mezze stagioni”. Sì, ma anche no. Prendendo in esame l’area degli Stati Uniti la primavera, è vero, si accorcia di un minuto ogni anno, ma l’inverno si accorcia ancor di più. Le mezze stagioni quindi ci sono ancora, quello che sta cambiando è il clima del pianeta e la durata delle stagioni: sempre meno inverno e primavera e sempre più estate ed autunno.

Un lungo report del U.S National Climatic Data Center, rilanciato nei giorni scorsi dal Wall Street Journal e ripreso da Repubblica, fornisce risultati per alcuni versi sorprendenti.

Stando alle statistiche più recenti le quattro stagioni reali (non quelle del calendario) oggi sono così divise: la primavera dura 92,76 giorni l’anno, l’inverno 88,99, l’estate 93,65 e l’autunno 89,84 giorni. Ogni anno la primavera si riduce di un minuto a vantaggio dell’estate e l’inverno si accorcia di un minuto e mezzo a vantaggio dell’autunno.

Le generalizzazioni, che si tratti di quelle figlie dei detti popolari o di quelle fornite dai più moderni studi scientifici, sono sempre e comunque inadatte a riconoscere e raccontare il cambiamento climatico che il nostro pianeta sta affrontando. Così il fenomeno delle primavere e degli inverni sempre più corti è un fenomeno certificato negli Stati Uniti ma che non necessariamente si replica alle stesse latitudini ma in altre longitudini. Cioè non è detto che si ripeta anche nella nostra Europa.

Lo studio si è basato, proprio per ovviare i limiti che le generalizzazioni comportano in questo campo, su quello che sembra essere lo strumento migliore per studiare i cambiamenti climatici: cioè l’osservazione sul campo. L’osservazione delle piante e degli animali, dei loro comportamenti e delle loro abitudini permette di vedere nel migliore dei modi come il clima si vada modificando. Così negli Usa si è osservato che gli agricoltori oggi hanno a disposizione circa dieci giorni di lavoro in più all’anno rispetto a quanti ne avessero un secolo fa, gli uccelli migratori lasciano i loro luoghi anche con 18 giorni di anticipo, le piante crescono prima del solito, gli animali cambiano atteggiamenti secolari.

Basti pensare che nel 1852 i primi fiori di primavera sbocciavano il 15 maggio e l’anno scorso a Chicago – una delle città più fredde degli Stati Uniti – sono fioriti il 25 gennaio. Oppure come nello Stato di Washington, uno dei più freddi in assoluto, gli orsi bruni ogni anno si risveglino prima dal letargo.

Segnali rivelatori di come i cambiamenti climatici influiscano direttamente, velocemente e fortemente sulla flora e sulla fauna che ci circondano. Segnali che, almeno oltreoceano, possono tranquillizzare tutti quelli che temono che non ci siano più le mezze stagioni, le mezze stagioni ci sono, anzi una, l’autunno, si allunga di ben un minuto e mezzo l’anno.