Renzi, Grillo, Meloni, Salvini…lo fanno tutti “per amore”

Renzi, Grillo, Meloni, Salvini...lo fanno tutti "per amore"
Renzi, Grillo, Meloni, Salvini…lo fanno tutti “per amore”

ROMA – Renzi: “Rischiamo per amore”. Grillo: “Il nostro messaggio è l’amore per la propria città”. Meloni: “Scelta d’amore candidarmi”. Salvini: “Per amore della nostra gente”. E prima di loro Berlusconi del “Forza Italia è amore”, Bossi “per amore di Padania” e Prodi e Fini “per atto d’amore”. E insieme a loro Luigi De Magistris “per amore di questa terra”,  Roberto Giachetti per “gesto d’amore”, Bertolaso “per amore” e Alfio Marchini che non disdegna la roma baciata amore e cuore. Lo fanno tutti “per amore”.

Amore, amore e ancora amore. A muovere la politica italiana è il sentimento più nobile e più forte di tutti: l’amore. Amore che prova Silvio Berlusconi quando indossa i panni di padre nobile, per non dire padrone, di quella Forza Italia che lui stesso ha detto essere amore puro. E amore che provavano Gianfranco Fini per il Popolo della Libertà (da non credere a ricordarlo oggi) e Walter Veltroni per il Pd quando lasciò l’incarico di segretario. Ma amore, tantissimo amore, che provano oggi i candidati sindaci di tutte o quasi le città d’Italia, da Milano a Napoli, dalla Meloni a Sala, dando vita ad una campagna elettorale a rischio diabete.

Era il lontano 1991 quando Ilona Staller (meglio nota come Cicciolina) e Moana Pozzi diedero vita al Partito dell’Amore. Loro in politica non hanno sfondato, e non sono mai diventate sindaco né tantomeno premier, anche se Cicciolina un seggio in Parlamento lo guadagnò, ma di certo su una cosa avevano visto giusto: la scelta del nome per il partito con cui si presentarono. Da allora l’amore non ha più lasciato i palazzi del potere. Ma soprattutto le dichiarazioni dei potenti. “Forza Italia è l’amore e la sinistra è l’odio”, spiegava l’ex cavaliere aggiungendo che “l’amore è più forte dell’odio” e lasciando ai posteri la soluzione dell’equazione. Ed era il 2007 quando Gianfranco Fini sfilava contro Romano Prodi non in corteo, ma in “un enorme atto d’amore di un popolo che ama la sua patria, un popolo che possiamo chiamare il Popolo delle libertà”. Eppure Prodi aveva vinto per amore, solo “per amore dell’Italia”.

“Rischiamo per amore dell’Italia” ha in tempi più recenti, e cioè dopo aver preso il posto di Enrico Letta, Matteo Renzi. E dall’amore è mosso anche il leader dei 5Stelle Beppe Grillo: “Il nostro messaggio è l’amore per la politica della propria città”. Manca, è vero, Matteo Salvini tra i ‘big’ della politica di oggi. Punta infatti poco sull’amore la comunicazione del leader del Carroccio che sembra più a suo agio col concetto opposto. Ma anche tra le camice verdi non è sempre stato così. Le manifestazioni di Pontida erano infatti un “atto d’amore per la Padania” secondo il Senatùr Umberto Bossi. Come un atto d’amore è il comunismo, ma verso l’umanità, per Per Paolo Ferrero di Rifondazione.

E poi la politica locale, che non vuole essere assolutamente da meno e rivendica, ad ogni occasione, il motore primo della passione dei candidati. Non è l’ambizione né la smania di potere e non il senso del dovere o la disciplina di partito, ma l’amore ad ispirare i candidati italiani. Di destra e di sinistra. “L’ho fatto per un gesto d’amore”, ha detto pochi giorni fa il candidato del Pd a sindaco di Roma, Roberto Giachetti. “E’ stata una scelta d’amore”, aveva spiegato appena un paio d’ore prima Giorgia Meloni, rivale di destra. D’altra parte anche Guido Bertolaso, concorrente di Forza Italia, aveva accettato la sfida “per amore”. E poi Alfio Marchini con tanto di cuore rosso come simbolo e Francesco Storace che, in nome dell’amore, prova nientemeno che a riunificare tutta la destra: guardiamoci in faccia, ha detto, “serve un atto d’amore”.

A Milano anche Giuseppe Sala si è candidato “per amore” come a Napoli Antonio Bassolino ha fatto altrettanto per un “atto d’amore verso la città”. E sempre a Napoli, Luigi De Magistris si ripresenta spinto da “coraggio e amore per questa terra”.

Speriamo non finisca come nel titolo del film di Massimo Troisi: “Pensavo fosse amore, invece era un calesse”.

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