Berlusconi cacciato, niente festa: silenzio dopo la caduta, solo M5S applaude

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 27 Novembre 2013 - 19:52 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi cacciato, niente festa: silenzio dopo la caduta, solo M5S applaude

I numeri del voto al Senato all’ordine del giorno numero 6 contro la decadenza di Berlusconi (LaPresse)

ROMA – Il silenzio dopo la caduta: è quello che più colpisce dopo l’espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato. Alle 17.42 il presidente del Senato pronuncia una formula che ormai pochissimi sperano o temono di sentire:

“Essendo stati respinti tutti gli ordini del giorno presentati in difformità dalla relazione della Giunta per le Immunità che proponeva di non convalidare l’elezione di Berlusconi la relazione della Giunta deve intendersi approvata”.

Nell’Aula di Palazzo Madama il tabellone dà i numeri del voto: 311 presenti, 307 votanti, 113 favorevoli alla “convalida dell’elezione”, 192 contrari, 2 astenuti.

Applaudono solo i senatori del Movimento 5 Stelle. Per gli altri non è una festa, è un giorno triste. Anche perché, a pensarci bene: cosa c’è da festeggiare? Non è una festa il fatto che il leader di quello che per 20 anni è stato spesso il primo partito in Italia sia stato cacciato dal Parlamento per indegnità.

Non è una festa, come lo era stata, per parte degli italiani anti-berlusconiani, la sera del 12 novembre di due anni fa, quando Berlusconi annunciò le dimissioni da presidente del Consiglio. Allora ci furono manifestazioni spontanee (nulla di oceanico, per carità) sotto il Quirinale, in via del Plebiscito, per le strade di Roma. Questa volta niente.

C’è stanchezza (e disoccupazione, e calo del Pil, e tagli, e tasse). In piazza delle Cinque Lune, brindavano quelli del Popolo Viola – che solo qualche anno fa portava 70 mila persone in piazza – ma erano una sparuta minoranza.

Poco più distante c’era Berlusconi che proclamava – davanti a un paio di migliaia di persone – la giornata di “lutto nazionale” per la democrazia, metteva Magistratura Democratica sul piano delle Brigate Rosse, parlava di “golpe atteso vent’anni”, di “un nemico (lui)” portato “davanti al plotone d’esecuzione”.

Niente di in-audito, solita canzone di quel disco rotto che è Berlusconi da oltre un lustro. Ma i primi a non credere al “lutto per la democrazia” sono i suoi elettori: se davvero questo era il giorno del colpo di Stato, è stato accolto nella totale indifferenza di gran parte del Paese che Lui ama.

Agli albori del predellino, il nome di Berlusconi riempiva piazze-San-Giovanni di favorevoli e di contrari. Ora mobilita solo nicchie di appassionati.

Berlusconi non commuove più, mentre dalla crisi economica non si è usciti ancora. Emoziona di più un conguaglio della luce.

C’è poco da ridere o da piangere, da festeggiare o da disperarsi: è il duecentesimo funerale di Berlusconi, domani arriverà la duecentounesima resurrezione. Il vero moribondo è il Paese che accoglie in silenzio la sua espulsione dal Parlamento.