Federalismo in bilico e la Lega tratta con Di Pietro

Pubblicato il 31 Gennaio 2011 - 21:46 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il ‘ni’ di Antonio Di Pietro che vira in un ‘no’ deciso, è l’emblema di quanto la matassa del federalismo fiscale stia diventando ogni giorno più ingarbugliata per la maggioranza. Non a caso, mentre il titolare del Viminale, Roberto Maroni, dalle pagine del ‘Corsera’ torna a minacciare ”o federalismo o voto”, l’altro ministro leghista, Roberto Calderoli, fa da ‘poliziotto buono’ e invita tutti, a partire proprio dall’ex pm, a un confronto al di là degli schieramenti.

Il Pdl, dal canto suo, prova a convincere il Carroccio che un eventuale pareggio in commissione bicamerale sul fisco municipale, non cambierebbe le cose, visto che al governo è comunque consentito di emanare il decreto, ma i leghisti scalpitano e da tempo attribuiscono al voto di giovedì un significato politico che legittima o meno il prosieguo della legislatura. Insomma, a tre giorni dalla data che sembra dover decidere le sorti dell’esecutivo, con la Camera che si pronuncerà anche sul ‘caso Ruby’, la situazione sulla riforma bandiera della Lega sembra piuttosto di impasse.

Nessuno nella maggioranza si fa più scrupolo a parlare apertamente di un voto di pareggio nella bicamerale. Lo fa Maroni (”si preannuncia una parità perfetta tra favorevoli e contrari”) così come Fabrizio Cicchitto (che parla di ”possibilità concreta di un voto di parità”). Su questa ipotesi e le sue conseguenze è stato chiesto un parere ”insindacabile” dei presidenti delle Camere: il ‘nodo’ è se vada interpretato come un parere respinto o ‘non espresso’ e da questo dipende la possibilità del governo di portare comunque il decreto in Cdm e approvarlo in tempi stretti o passare per le Camere con tempi, però, molto più lunghi di approvazione.

Al di là di questo punto, comunque, tutto starà alla scelta politica della Lega di staccare o meno la spina a un governo che, di fatto, non si è allargato quanto chiesto dal Carroccio subito dopo il 14 dicembre ed è dunque in difficoltà numerica su provvedimenti importanti come, appunto, i prossimi decreti sul federalismo. Lega che, tra l’altro, con l’intervista a Maroni, adombra anche l’ipotesi di un altro candidato premier che non sia Berlusconi, in caso di voto (”nel centrodestra – sottolinea il ministro – ci sono tanti uomini e donne capaci, competenti e dotati di leadership in grado di guidare un governo”).

Un avvertimento che il premier sembra cogliere quando, in serata, replica alle opposizioni per assicurare (la Lega) che ”il partito dell’imposta patrimoniale che si organizza per un nuovo esproprio di ricchezza a vantaggio della casta statalista e centralizzatrice” non prevarrà grazie soprattutto al ”decisivo colpo” che subirà ”con il varo dei decreti sul federalismo fiscale”. Il Carroccio, comunque, non rinuncia alla trattativa fino all’ultimo: Calderoli invita tutti a un ”confronto al di là degli schieramenti”.

E anche il relatore del fisco municipale, Enrico La Loggia fa sapere: ”lavoro per una mediazione alta che metta in difficoltà le opposizioni se hanno scelto per il no”. Tra le novità che dovrebbero entrare nel decreto ci dovrebbero essere se non altro quelle chieste dal ministro del Turismo Maria Vittoria Brambilla sulla tassa di soggiorno. Si starebbe valutando di devolvere una parte del gettito dell’imposta direttamente alle strutture ricettive. Calderoli ha infine aperto alle proposte dell’Idv per un tetto alla pressione fiscale: ”la Lega – ha detto – sulla materia la pensa come Di Pietro, ovvero che le tasse possono essere soltanto ridotte e il federalismo fiscale è uno strumento per poterlo fare”.