Feltri e Boffo a pranzo a cinque mesi dalle dimissioni del direttore dell’Avvenire

Pubblicato il 2 Febbraio 2010 - 10:02 OLTRE 6 MESI FA

A sinistra Vittorio Feltri, accanto Dino Boffo

Cinque mesi fa Vittorio Feltri caricava a testa bassa il direttore di Avvenire Dino Boffo, ottenendone a suon di scoop chissà dove confezionati la sua defenestrazione: Boffo fu costretto a dimettersi il 3 settembre scorso. Oggi (leggi il 31 dicembre) Boffo si presenta al tavolo milanese di un noto ristorante milanese invitato proprio da Feltri.

Incontro pubblico, alla presenza di giornalisti e politici, quindi nulla da nascondere. Forse qualcosa da ostentare. Feltri infatti assicura che non è per ribadire le sue scuse che ha voluto vedere Boffo. Vuol capire chi gli ha recapitato la polpetta avvelenata: la nota informativa che presentava il direttore del quotidiano dei vescovi come un omosessuale che faceva stalking su una donna che si frapponeva fra lui e un altro uomo. Nota peraltro redatta in forma grossolana che Feltri sostiene aver ricevuto da un postino della gendarmeria svizzera del Vaticano.

Con Boffo e Feltri, “attovagliato” alla stessa tavola, l’ex giornalista radiato dall’Ordine Renato Farina, quell’agente Betulla a libro paga dei Servizi.

Ma il vero convitato di pietra, secondo le indiscrezioni del caso, alimentate soprattutto dal Foglio di Ferrara, è il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian. Sarebbe lui l’ispiratore della macchinazione ai danni di Boffo: ipotesi tutta da verificare ma che trova una suggestiva spiegazione nel contesto invero intricato delle faide di potere all’ombra della Cupola di San Pietro.

Il direttore del Giornale Feltri, invitando Boffo, ha gettato il classico sasso nello stagno. Ad affrettarsi a fare esplicitamente il nome di Vian come possibile mandante dell’affaire è anche il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, visto da molti come investito della missione di rivitalizzare l’eredità ruiniana.

Misteri, gossip, killeraggio mediatico, un guazzabuglio da sacrestia con ambizioni da Codice da Vinci ma cucinati alla buona, forse nemmeno troppo digeribile.