Berlusconi: “Fini? Io parlo dopo…”. Ultimo round alla direzione Pdl

Mercoledì l’incontro con i vertici del Pdl, giovedì la direzione nazionale. L’ultimo round  tra il premier Berlusconi e il presidente della Camera Fini, secondo quanto riferiscono i partecipanti del confronto di mercoledì a Palazzo Grazioli, si dovrebbe tenere il 22 aprile all’Auditorium della Conciliazione dove il Cavaliere dovrebbe replicare solo dopo aver ascoltato le parole del cofondatore del Popolo delle libertà.

In fondo, dicono ancora alcuni dei presenti al confronto, secondo il presidente del Consiglio non è stato lui ad aver posto dei problemi e dunque non sarà lui a dover dare risposte.

Il premier, sempre secondo quanto riferito, ha spiegato che, nel corso della direzione nazionale, intende parlare del tema che gli sta più a cuore e cioè le riforme, che la maggioranza intende realizzare entro la fine della legislatura. Ma se qualcuno volesse sollevare altre questioni, Berlusconi ha ribadito,  è liberissimo di farlo, e se lo farà eventualmente replicherà.

Berlusconi ha detto di avere tutta l’intenzione di governare fino alla fine e fare le riforme, ma se non c’è la governabilità, sarebbe pronto a ridiscutere tutto sino alle estreme conseguenze.  Parole che tutti i presenti hanno interpretato in un solo modo: se per le divisioni interne sarà impossibile governare tanto vale andare al voto anticipato.

Della stessa idea la Lega: «Se la situazione non si risolve e resta confusa allora meglio il voto», i vertici del Carroccio ricalcano infatti le posizioni espresse nei giorni scorsi dal leader dei lumbard Umberto Bossi che affermò proprio questo concetto: «Se le cose non si rimettono a posto ci sono le elezioni».

Sì quindi al confronto interno e alla dialettica fra posizioni differenti, ma su una cosa non si può discutere: il programma elettorale. E’ questo uno dei punti su cui Silvio Berlusconi non intende cedere di un millimetro. Il cavaliere, secondo quando riferito alcuni presenti ha spiegato che il programma è sacro, visto che si tratta di una promessa fatta agli elettori che anche per questo hanno votato la maggioranza. Il programma dunque, secondo il premier, non può essere oggetto di discussione e di distinguo ma deve essere realizzato nella sua interezza. Quello su cui Berlusconi si è detto più che disponibile a confrontarsi è ciò che non è compreso nel programma e dunque tutte le questioni su cui non vi è stata una indicazione chiara degli elettori attraverso il voto.

Nel corso dell’incontro si è discusso anche della scaletta della direzione nazionale, che dovrebbe iniziare la mattina (fra le nove e le 10) e concludersi dopo le 18. Al momento non è ancora stato definito nei dettagli il programma, che dovrebbe prevedere una relazione introduttiva affidata al presidente del Consiglio,  gli interventi di alcuni ministri e in particolare di quelli responsabili delle materie oggetto delle riforme.

E’ previsto ovviamente che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, prenda la parola, con la replica finale, a concludere, di Berlusconi, prevista intorno alle 18. La scaletta, sottolinea uno dei partecipanti, è ancora provvisoria e può subire cambiamenti.

Voci di corridoio a parte, il presidente del Consiglio Berlusconi sulla direzione nazionale non ha dubbi: «E’ la celebrazione della vittoria elettorale per raccontare quanto ha fatto il governo e quanto farà in futuro».

Entrando mercoledì sera a Villa Miani, dove si è celebrato il 62/mo anniversario della nascita dello Stato di Israele, il premier non ha detto una parola sul vertice del Pdl a Palazzo Grazioli, rimandando tutto alla direzione nazionale, che si terrà all’Auditorium della Conciliazione.

All’interno di Villa Miani c’era anche il presidente della Camera Fini, con il quale Berlusconi ha scambiato solo una rapida stretta di mano.

«Il governo va avanti, certo che sì», risponde il premier a chi gli chiede cosa potrebbe accadere nel caso di una scissione della componente finiana del Pdl. «Non è possibile che ci siano correnti che qualcuno ha definito metastasi dei partiti». Ha chiarito il Cavaliere: «Il Pdl è un movimento che nasce dal popolo, non è un partito con le correnti che facevano parte dei vecchi partiti».

Il Cavaliere ha chiaro che il Pdl «è il partito più democratico che c’è, dove si discute. Quando si arriva a una decisione dove c’è una maggioranza, la minoranza si deve adeguare».  Sul motivo dello strappo con Fini è secca la risposta del presidente del Consiglio: «Non è una domanda che dovete fare a me, ma a lui».

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