Referendum: “Sì” come Salò, giudice Francesco Caruso rischia trasferimento per post su Facebook

di Edoardo Greco
Pubblicato il 2 Dicembre 2016 - 12:54 OLTRE 6 MESI FA
Referendum: "Sì" come Salò, giudice Francesco Caruso rischia trasferimento per post su Facebook

La Gazzetta di Reggio ha pubblicato il testo integrale del post del giudice Caruso sul suo profilo Facebook

BOLOGNA – Chi vota Sì al referendum costituzionale è come chi nel 1943 scelse la Repubblica di Salò: questa frase contro il Sì postata su Facebook costa al giudice Francesco Maria Caruso una possibile azione disciplinare e il rischio di un trasferimento d’ufficio per incompatibilità funzionale. Il seguito del ciclone politico piombato su Caruso, che è il presidente del Tribunale di Bologna, arriva dal comitato di presidenza del Csm (Consiglio superiore della magistratura), che ha investito del caso il Pg della Cassazione, dopo il testo pubblicato su Facebook in cui il giudice parla di una riforma fondata tra l’altro su “corruzione” e “clientelismo”.

Polemiche sono nate anche per un riferimento a Salò: “Nulla sarà come prima e voi sarete stati inesorabilmente dalla parte sbagliata, come coloro che nel ’43 scelsero male, pur in buona fede”, ha scritto il giudice rivolgendosi a chi fosse orientato a votare “Sì”. Un concetto su cui oggi è tornato: “Mi sono state attribuite cose che non ho detto. Non ho detto che chi vota “Sì” al referendum sia un repubblichino, ma che commette un errore grave come quello compiuto da chi sostenne la Repubblica di Salò. È una cosa del tutto diversa”.

Questo è il testo integrale del post di Caruso su Facebook, testo che è stato ripreso e pubblicato dalla Gazzetta di Reggio (contro la volontà di Caruso):

“Ai miei amici,
Molti di voi sono per il Si, la maggior parte, Dio li benedica, sono per il No.
A quelli del Si, ottime persone, vorrei fare un ultimo decisivo appello nel quale impegno la mia storia, la presente e passata, le riflessioni di chi sulla Costituzione del 48 sulla fedeltà ad essa, ai suoi principi, a partire dal secondo comma dell’art 3, ha fondato la vita professionale.
Siamo andati ovunque, nelle scuole, nelle comunità, nei circoli a raccontare la Costituzione la legalità, la democrazia, l’eguaglianza, i diritti, la partecipazione democratica, la cittadinanza, a spiegare che la nostra Costituzione unisce e include, dà a tutti il diritto di contare in un quadro di regole comuni e condivise, scritte in un’epoca storica che dava spazio ai più grandi valori della civiltà europea.
Tutto questo non accadrà più.
Se passerà il Si avremo un’altra Costituzione. Non si tratta di un normale esercizio del potere di revisione ma di un fatto normativo che si impone ex se come atto di forza, estraneo al diritto. Una maggioranza spuria e costituzionalmente illegittima non può cambiare la costituzione trasformandone l’anima, rubando la democrazia ai cittadini.
E non basta il plebiscito dell’eventuale vittoria del Si a sanarne i vizi di legittimità.
I sinceri democratici che credono al Si riflettano. Nulla sarà come prima e voi sarete stati inesorabilmente dalla parte sbagliata, come coloro che nel ’43 scelsero male, pur in buona fede.
La Costituzione che ci ha retto fin qui era basata sui valori della Resistenza.
L’abbiamo detto e ripetuto fino a trasformare la frase in una giaculatoria nella quale molti non credono più. Il ventennio berlusconiano con i suoi veleni è penetrato in profondità, tanto che chi si batteva e votava No nel 2006 ora non può giustificare il suo Si a una riforma peggiore dell’altra che almeno era coerente.
L’unica cosa che si sente dire è “il mondo è cambiato” senza che a questo segua un ragionamento conseguente. Ma il mondo era già cambiato nel 2006, ma non impedì di lottare contro la riforma Berlusconi.
A cosa attribuire ora questo voltafaccia?
I vecchi democratici sostenitori del Si subiscono una mutazione antropologica che li fa ora altri da noi, rimasti fedeli ai valori democratici dell’unica vera legittima Costituzione.
Con il Si non avremo più una Costituzione ma un atto di forza. E chi vorrà spiegare la riforma ai ragazzi, dovrà dire che questa riforma è fondata sui valori “del clientelismo scientifico e organizzato”, del voto di scambio, della corruzione e del trasformismo con un governo che lega le provvidenze a questo o a quello al voto referendario.
Si avvera la profezia dell’ideologo leghista Gianfranco Miglio che nel 1994 proponeva una riforma che costituzionalizzasse le mafie, approvata col 50,1 per cento perché la Costituzione altro non sarebbe che la legge che la maggioranza impone alla minoranza e che fa rispettare schierando la polizia nelle piazze.
Temo che siamo incredibilmente vicini a quel momento.
Un ultimo rilievo.
Molti amici pensano di non potere votare mai come Salvini e Meloni. Possono però votare insieme a Briatore e Verdini.
A parte questo credo che lo spirito inclusivo della Costituzione imponga nei momenti di crisi costituzionali di stare con chi tatticamente lavora per salvare la Costituzione. Meloni e Salvini culturalmente ideologicamente politicamente dovrebbero stare col si. L’insipienza politica di Renzi li ha portati col No.
La Costituzione ringrazia e pur di salvarla starei col diavolo. So che dopo ritorneranno ad essere altro da noi. D’altra parte la nostra Costituzione si può permettere anche costoro. Non so quanto l’altra sarà in grado di tollerare la parte di democrazia residua.
In questa decisiva settimana mi impegnerò per il No.
Martedì sera a San Giovanni in Persiceto avrò l’onore di sostenere il No con il grande scienziato professor Vincenzo Balzani già candidato al Nobel.
Credo che in fondo si tratta di scegliere anche tra un premio Nobel e il signor Franco Alfieri, sindaco di Agropoli, specialista in voto clientelare.
Questo punto lo sottopongo in modo particolare ai bravi amici reggiani.

Caruso ha replicato con un comunicato, in cui ha spiegato che

“l’articolo a propria firma, apparso sull’edizione della Gazzetta di Reggio Emilia del 29 novembre 2016, non era destinato alla pubblicazione sul giornale, pubblicazione non richiesta né autorizzata, trattandosi di un testo ‘privato’, scritto sulla propria pagina Facebook, destinato a un numero limitato di lettori”. Caruso “pur confermando integralmente i contenuti del messaggio”, precisa che “le stesse idee e gli stessi concetti sarebbero stati presentati in forme diverse, se sin dall’inizio destinati al più ampio pubblico. La pubblicazione ha l’evidente scopo di sollevare una polemica giornalistica alla quale il ruolo istituzionale impone di rimanere estraneo”.

La precisazione di Caruso, iscritto a Md (Magistratura democratica), corrente dei magistrati che ha preso pubblicamente posizione per il “No”, è stata ribadita ai giornalisti durante la pausa di un’udienza del maxi-processo di ‘Ndrangheta ‘Aemilia’, in corso a Reggio Emilia dove presiede ancora il collegio penale, incarico mantenuto dopo il passaggio a Bologna, un mese fa. Certamente scosso dall’effetto provocato dalle sue parole, Caruso è stato impegnato tutto il giorno a fare il giudice, lui che in carriera ha firmato sentenze come l’appello bis per la Strage di via D’Amelio a Caltanissetta e a Ferrara la condanna di quattro poliziotti per la morte di Federico Aldrovandi.

Mentre lui era al lavoro, ha continuato a infuriare la polemica politica: con parole di condanna da parte del Pd, e il sostegno espresso da 5 Stelle e Matteo Salvini. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha rivolto un appello a moderare i toni degli interventi sulla riforma: “Ci sono argomentazioni, modalità, un tasso di propaganda, che ritengo inaccettabili sia che si sostenga il Sì sia che si sostenga il No al referendum”. Nessuna censura, ma “un invito a tutti, tanto più ad un magistrato, a non usare argomentazioni che rischiano di pregiudicare la loro funzione e credibilità”.