Internet e libertà: una legge permetterà a Obama di “spegnere” la Rete?

Pubblicato il 22 Febbraio 2011 - 08:10 OLTRE 6 MESI FA

WASHINGTON – Ancora non si è finito di parlare del ruolo inedito svolto da Internet nella vittoriosa lotta per la libertà dei popoli egiziano e tunisino che negli Stati Uniti si è cominciato a discutere di una riforma che permetterà al presidente americano poteri “assoluti” sulla rete informatica. Il potere di internet e dei nuovi media (si vedano le news di Aljazeera che, rimbalzando da un paese arabo all’altro, contribuiscono a diffondere l’aspirazione alla caduta dei regimi) sono oramai da tempo al centro degli interessi strategici e politici delle grandi potenze. Alle carte della geopolitica si deve ormai aggiungere quell’Atlante virtuale che è il cyberspazio, con le sue infinite capacità di connessione, con la sua (fino ad oggi) libera espressione, con la sua tendenza all’aggregazione. Normale, quindi, che i regimi autocratici oscurino, censurino o limitino fortemente l’accesso ad Internet o l’espressione nella rete. Inedita è, invece, in America, la volontà, che si sta facendo strada in questi giorni, di sottomettere, in casi di emergenza nazionale, la rete internet al controllo del potere presidenziale.

La legge porta il nome, mal augurante a dire il vero, di “Kill Switch”, letteralmente “ammazza il bottone”, intendendo così la possibilità di controllare la gestione di Internet grazie ad un “metaforico” bottone nello Studio Ovale. Se venisse approvato il testo di riforma promosso dal senatore democratico Joe Lieberman, presidente della potente Commissione per la Sicurezza Nazionale, il presidente potrà mettere in atto “misure di emergenza a breve termine” per proteggere gli interessi americani da possibili attacchi informatici. « Il miglioramento delle nostre cyberdifese non può essere un soggetto di discussione – ha detto Lieberman – La nostra legislazione è concepita per migliorare queste difese, proteggendo nello stesso tempo quelle libertà fondamentali che tutti noi amiamo ». Il Presidente avrà il potere di dichiarare lo stato di “cyber-emergenza nazionale” e di sospendere le connessioni da 30 fino a 120 giorni. Queste misure eccezionali non potranno essere prese a meno che il cyberattacco non minacci di produrre più di 25 miliardi di dollari in un anno, o uccidere più di 2500 persone.

Le organizzazioni non governative che si battono per i diritti in rete non hanno fatto mancare le proprie critiche alla riforma. Secondo Timothy Karr, direttore dell’organizzazione no-profit Free Press, « nella forma attuale troppo potere viene assegnato ad una sola parte, senza che vi sia nessun bilanciamento e controllo dei poteri. Il diavolo è sempre nei dettagli, e qui i dettagli suggeriscono che questa è una riforma pericolosa che minaccia i nostri diritti di parola ». Anche la potente American Civil Liberties minaccia di dare battaglia e assicura che nel caso in cui il presidente interferisse con Internet sarebbe costretto, prima o poi, a recarsi presso la Corte suprema per aver derogato ad una libertà costituzionale fondamentale, come quella che garantisce la libertà d’espressione.

Lieberman e i sostenitori della riforma bollano le critiche come naif e prevenute. Secondo loro è un interesse strategico americano quello di poter difendere lo spazio Internet in caso di guerra o di attacco terroristico. Vengono citate, come esempio di un bersaglio strategico, quelle industrie che non hanno sviluppato adeguate difese, e che, come le case farmaceutiche, potrebbero essere, in caso di attacco, facilmente vulnerabili.