Usa, Arizona. La strage causata dal furore della lotta tra i diversi schieramenti politici

Gabrielle Giffords

I politici americani di ogni appartenenza saranno a lungo ossessionati dall’avvertimento, lanciato 10 mesi fa, dalla deputata democratica Gabrielle Giffords, gravemente ferita sabato 8 gennaio nella strage avvenuta nell’Arizona meridionale, secondo cui le parole e le polemiche infuocate che correvano tra repubblicani, democratici e membri del Tea Party dovevano cessare.

La violenza politica – e si può dire la violenza in generale – non è certo nuova in America, dove acquistare armi di ogni tipo è in certi stati, tra cui l’Arizona, di estrema facilità. Basta ricordare gli assassinii del presidente John Kennedy, di suo fratello Bob,ministro della Giustizia e del leader nero per i diritti civili Martin Luther King, tutti uccisi a colpi di arma da fuoco. Tra i liberal circola un detto che recita: ”La violenza è  americana come la torta di mele”.

Come nei casi di Kennedy e King, è probabile che la strage avvenuta nella Contea di Pima è stata motivata da odio politico. A farne le spese è stata non solo la Giffords, ma anche gli elettori davanti ai quali stava tenenedo un comizio, 6 dei quali sono rimasti uccisi e 13 feriti.

Che si tratti di odio politico è  convinto lo sceriffo della Contea di Pima, Clarence Dupnik, secondo il quale ”tutto il vetriolo che ha intriso i rapporti politici, specialmente in Arizona, potrebbe essere responsabile”. Ed ha aggiunto: ”La nostra costituzione garantisce la libertà di parola, ma questa garanzia non è senza conseguenze. La rabbia, l’odio, il bigottismo che esistono in questo Paese sono scandalosi. E sfortunatamente l’Arizona è diventata la mecca del pregiudizio e del settarismo”.

Quale che sia il motivo della strage – lo accerteranno gli inquirenti perchè finora l’assassino non ne ha parlato – ”il tono tossico del dibattito nazionale sarà sicuramente esaminato approfonditamente”, scrive il New York Times.

La Giffords, 40 anni, una democratica moderata, si è fatta molti avversari sul versante politico opposto al suo. E’ stata rieletta per il rotto della cuffia alle elezioni di medio-termine dello scorso novembre nonostante la virulenta campagna scatenata contro di lei da un candidato conservatore del Tea Party, che ha cercato di sconfiggerla per il suo sostegno alla riforma sanitaria del presidente Barack Obama,  la sua contrarietà ad una dura legge di discriminazione razziale entrata in vigore in Arizona l’anno scorso e la sua battaglia in favore dell’aborto, abominevole per molti conservatori.

La rabbia contro di lei aveva già in passato assunto aspetti violenti, come quando i suoi uffici di Tucson, Arizona, sono stati devastati, e ad uno dei suoi comizi un uomo si era presentato armato, probabilmente a scopo intimidatorio. Un’altra sorta di ‘avvertimento” da parte dei conservatori è giunta con la notizia che l’ex-governatrice dell’Alaska Sarah Palin l’aveva inclusa nella lista dei principali ”bersagli” democratici da sconfiggere.

Ma la Giffords non è stata la sola parlamentare del Congresso di Washington a subire insulti e intimidazioni. Secondo un rapporto degli inquirenti, i parlamentari hanno denunciato nei primi tre mesi del 2010 42 casi di minacce, tre volte più che nello stesso periodo dell’anno precedente. Tutte avevano a che fare con l’ostilità alla riforma sanitaria voluta da Obama.

Il presidente, in diretta tv, ha parlato di ”gesto insensato e terribile che non può trovare posto in una società libera, una tragedia indicibile per l’intero Paese” e ha spedito in Arizona il capo dell’Fbi Robert Mueller.

Il nuovo presidente repubblicano della camera dei deputati, John Boehner, si è dichiarato ”inorridito” dall’attacco contro Gabrielle Giffords. Secondo John McCain, senatore repubblicano dell’Arizona ”chiunque abbia compiuto questo atto è una disgrazia per l’Arizona, il Paese e l’intera razza umana”.

I medici che stanno cercando di salvare la vita alla deputata esprimono cauto ottimismo. ”Ma la sua ferita è devastante”, ha dichiarato il dottor Richard Carmona, ex-direttore della sanità pubblica.

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