Legge elettorale, movimento dei forconi, Renzi: prime pagine e rassegna stampa

Il Corriere della Sera: “Il caso della legge elettorale”. La generazione dei bravi ragazzi. Editoriale di Aldo Cazzullo:

“In politica — titolano tg e giornali — è l’ora dei quarantenni. Ma, a ben vedere, è un ricambio più profondo quello che si annuncia, è un’altra generazione ancora quella che si affaccia alla vita pubblica.
La generazione che si potrebbe definire dei «bravi ragazzi». Enrico Letta non è certo un volto nuovo: nel 1998 era già ministro. Angelino Alfano ha quattro anni di meno, ma non si direbbe: le grisaglie, l’eloquio che ricorda i principi del foro siciliani, l’ormai lunga militanza politica ne fanno un veterano.
Ma alle loro spalle avanzano i veri giovani, volti più freschi di quelli — da tempo entrati nella sfera mediatica — di Matteo Renzi o di Giorgia Meloni. La nuova segreteria del Pd, scelta un po’ frettolosamente, può senz’altro essere criticata per la sua «leggerezza». Allo stesso modo, la ricerca di nuovi talenti avviata da Berlusconi non ha ancora dato i risultati attesi.
Essere giovani non basta; la preparazione e l’esperienza saranno sempre requisiti fondamentali. Però sarebbe ingeneroso ridurre le novità che avanzano al solo dato anagrafico. I volti che andiamo scoprendo in questi giorni non sono semplicemente di bell’aspetto; dietro ci sono persone normali, di modi garbati, di buoni studi, insomma ragazze e ragazzi come quelli che vediamo festeggiare le lauree nelle città universitarie, cercare tra grandi difficoltà un lavoro, tentare di costruirsi una famiglia e un futuro.
Non figli d’arte né del Partito. Volti in cui i nonni possono riconoscere i propri nipoti, i padri i propri figli”.

La politica fa melina ma è l’ultima chiamata. Scrive Pierluigi Battista:

“Dice Matteo Renzi che sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti ha in serbo una «sorpresina» destinata a togliere carburante allo slancio anti-casta dei grillini. Ma magari i partiti e il Parlamento (e il governo) volessero regalarci, se non una sorpresona, almeno una sorpresa: fare semplicemente il proprio lavoro, attuare ciò che è stato promesso, dimostrare che non stanno impantanando l’abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti con la solita tattica del rinvio, dell’incaponirsi su un comma, dell’inabissamento burocratico. Anna Finocchiaro dice che il 2013 non sarà l’anno della riforma indicata come prioritaria alcuni mesi fa. Non c’erano dubbi: l’arroganza e l’inefficienza oramai sono una caratteristica costitutiva dei partiti che non vogliono bloccare la cornucopia dei soldi pubblici a pioggia.
Eppure, consapevole dell’urgenza di un tema ineludibile di fronte all’opinione pubblica, lo stesso Enrico Letta, presentando a maggio il decreto che abrogava il finanziamento ai partiti aveva assicurato che se entro settembre il Parlamento non avesse varato un provvedimento accettabile, il governo sarebbe intervenuto con la scure. Sono passati altri tre mesi, ma la scure non si è vista”.

La prima pagina di Repubblica: “Legge elettorale, è già battaglia”.

La Stampa: “Famiglie e imprese, via agli sconti”.

Il Fatto Quotidiano: “Italia della rabbia”.

Leggi anche: Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Colpa dell’interprete”

Il Giornale: “Si inforcano da soli”. La foglia di fico. L’editoriale di Salvatore Tramontano:

Quelli che abbaiano ai forconi. Il club del Quirinale muove le torri. Il premier Letta e il suo delfino Alfa­no, ormai coppia di fatto, ripeto­no in stereofonia che i nemici della Repubblica sono alle por­te, che la democrazia è a rischio, che chi protesta è un populista. Gentaglia, comunque. Ma per­ché il governo delle strette intese enfatizza la paura dei forconi? È una foglia di fico. Serve a nascon­dere le debolezze della maggio­ranza, per sviare l’attenzione, per creare un diversivo. Non c’è più la pace di una volta. La nomi­na di Renzi a segretario del Pd ha squarciato un velo e cambiato le carte sul tavolo. Il ragazzo scalpi­ta, minaccia, esagera e, soprat­tutto, ha voglia di dimostrare che lui non se ne sta tranquillo sotto l’ala protettiva di sua mae­stà Napolitano. Ha fretta di porta­re a casa risultati. È ambizioso e il primo traguardo è la legge eletto­rale. Renzi vuole farla in fretta, per andare a votare e prendersi Palazzo Chigi. E per portarla a ca­sa è disposto a scriverla anche con Grillo e Berlusconi. Napoli­tano gli ha detto che ora è il segre­tario di un partito, deve stare at­tento a chi si accompagna. Renzi lo ha ascoltato e gli ha fat­to notare che il tempo scorre. In­somma, non si sono capiti più di tanto. Nessuno si fida dell’altro. E questo spaventa soprattutto Giorgio e la sua corte. Che succe­de se il neo segretario fa la rifor­ma elettorale insieme agli altri? Ecco perché Napolitano ha man­dato s­ubito in avanscoperta Qua­gliariello, con un ragionamento che assomiglia a una minaccia: o la maggioranza fa la legge elet­torale e le riforme, oppure tutti a casa. È crisi. Il tabù della stabilità non vale più.Adesso l’ipocrisia è palese. Era un argomento utile solo a far fuori Berlusconi. Una scusa. Adesso non conta più. Non si possono far decidere le re­gole del gioco a chi non fa parte del club. Napolitano e Letta pre­tendono che la nuova legge elet­torale venga disegnata all’inter­no dell’attuale maggioranza”.

Gestione cookie