Bologna si vergogna per il piccolo Devid, morto di freddo e fame

Pubblicato il 11 Gennaio 2011 - 08:59 OLTRE 6 MESI FA

Bologna oggi si vergogna. Ufficialmente nessuno è colpevole, in realtà tutti si sentono un po’ responsabile per Devid Borghi, il neonato di ventitré giorni morto per il freddo a due giorni dall’Epifania.

Figlio di una coppia di italiani, Sergio e Claudia, con una casa, sulla carta: ma nell’appartamento di via delle Tovaglie dove avrebbero la residenza vive un maghrebino, forse l’ex marito della donna.

I genitori del piccolo Devid, racconta Michele Smargiassi su Repubblica, vivevano nel centro di Bologna, tra la stazione e la biblioteca Sala Borsa. Insieme avevano tre figli: Devid, il suo gemellino, e una bambina di venti mesi. Claudia ha anche altri due figli, ma le sono stati tolti dai servizi sociali. Forse proprio per questo motivo, per non vedersi portar via anche gli ultimi due nati, fino all’ultimo Claudia aveva nascosto la gravidanza. L’assistente sociale che l’ha visitata a novembre non si era accorta di nulla.

Il piccolo Devid è passato dal caldo dell’incubatrice al freddo sottozero dell’inverno bolognese. Nel pomeriggio del 4 gennaio i genitori lo portano in farmacia. Il padre chiede aiuto al farmacista: “Sta male, non respira, non so cos’ha, stamattina ha preso il latte…”. La madre piange, senza riuscire a dire nulla.

Fuori, il passeggino. Sotto le coperte il gemellino di Devid, vivo. Ma il piccolo malato non ce la fa. Muore la mattina dopo. Già in farmacia era in crisi respiratoria.

Eppure i volontari di Piazza Grande ricordano di aver chiesto alla donna se avesse bisogno di aiuto: “Le abbiamo chiesto se voleva un posto per la notte, ha risposto che tornava a casa sua”. Ma l’aiuto non si può imporre. Anche se ora tutti, a Bologna, vorrebbero essersi imposti un po’ di più.

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