Sarah Scazzi, zio Michele: “Ecco cosa successe quel 26 agosto”

di Alessandro Avico
Pubblicato il 27 Novembre 2010 - 00:04| Aggiornato il 17 Luglio 2011 OLTRE 6 MESI FA

E’ contenuto in 373 pagine, pubblicato sul sito del Tg1, l’incidente probatorio del 19 novembre scorso nel quale Michele Misseri ha raccontato la sua verità sulla morte della nipotina Sarah Scazzi. Incalzato dalle domande del gip, Martino Rosati, del pm Mariano Buccoliero, degli avvocati e dei consulenti delle parti, zio Michele ha ribadito l’ultima versione, quella ‘drammatica’ del 5 novembre in cui ha addossato alla figlia Sabrina la responsabilità dell’omicidio.

Mentre nel primo pomeriggio del 26 agosto dormiva sulla sdraio nella sala da pranzo di casa, zio Michele fu svegliato da Sabrina: ”E’ venuta con una voce bassa. Ha detto: ‘Papà, papà, vieni che è successo qualcosa’. Lei davanti, io da dietro l’ho seguita. Allora, siamo andati in cantina e ho visto…”. Nel garage-cantina, per terra, c’era il corpo di Sarah. Al collo aveva una cinta di colore verdino: ”L’ho tolta l’ho presa e l’ho appesa al chiodo, non è che ho guardato se era la mia o la sua, però siccome era simile, io ho pensato che era la mia”.

Sabrina – continua il racconto di zio Michele – ”mi ha detto che stava giocando e a quel punto Sarah è scivolata ed è andata per terra. Io le ho detto… Cioè lei ha detto che mi voleva dare una mano ma in quel momento ha detto ‘Mannaggia! Mo’ come devo fare?’. Io ho detto: ‘Mo’ me la carico io la responsabilità però tu sparisci di qua. Perchè lei aveva detto che adesso arrivava Mariangela. Ho detto io: ‘Allora tu esci”’.

Michele, commuovendosi spesso, e di tanto in tanto anche piangendo, non desiste però mai dal dare una risposta a ogni domanda. Passa poi a descrivere le fasi del caricamento del cadavere sulla sua automobile e del trasporto in contrada Mosca, dove nasconderà il corpicino, dopo averlo spogliato, nel pozzo: ”Sapendo che non era battezzata, le ho fatto il segno della croce con la sua mano”, prima di adagiarla nella cisterna con l’aiuto di due corde. Zio Michele, ma questo era già scontato dal precedente interrogatorio, ha anche ritrattato le autoaccuse di molestie sessuali sulla nipotina e, soprattutto, quella più torbida e incredibile di vilipendio del cadavere. Un aspetto, questo, apparso subito inverosimile, che non aveva convinto nessuno, e che gli era servito per costruire l’immagine dello ‘zio orco’, a suo giudizio indispensabile per depistare gli investigatori e ‘salvare’ Sabrina.

Infine il rimorso, la decisione di far ritrovare il cellulare e poi il cadavere. Ancora, il movente e le mancate domande di Michele a Sabrina sul perchè ha ucciso Sarah. Il gip chiede: ”Ma lei in quei quaranta giorni non ha mai detto a Sabrina: ‘Sabrì, a papà, per piacere, mettiamoci tutti e due, vediamo che… Sabrì, che è successo? Perchè l’hai uccisa? Che è successo?’, mai glielo ha detto in quei quaranta giorni? Zio Michele risponde: ”Non le ho detto mai niente più, non le ho mai parlata più, perchè… non le ho mai parlato più, loro giravano, facevano, attaccavano manifesti, li attaccavano a tutte parti, però non l’ho mai chiesto più”.

”Alla fine – conclude zio Michele – mi sono chiuso io stesso dentro di me e non ho chiesto niente a nessuno, come per esempio mi volevo costituire e non avevo il coraggio, la stessa cosa, mi sono chiuso proprio dentro di me, stavo male, proprio male!”.