Pomigliano d’Arco farà la fine di Termini Imerese? Resteranno senza lavoro i 5mila dipendenti dello stabilimento?La produzione della Panda verrà spostata in Polonia? L’Italia perderà un affare da oltre 700 milioni di euro? Sono questi gli interrogativi e i rischi in gioco se in queste ore Fiat e sindacati non riescono a trovare un accordo.
Sono ore drammatiche a Pomigliano d’Arco, decisive per la Fiat, per gli oltre 5mila dipendenti dello stabilimento della casa automobilistica. In corso, infatti, ci sono da giorni le trattative tra l’azienda e i sindacati per portare a Pomigliano la produzione industriale della Panda, un affare da oltre 700 milioni di euro che consentirebbe di mantenere la produzione in Italia e di non spostarla in Polonia, ma anche di salvare migliaia di posti di lavoro.
Affinchè l’accordo vada in porto, però, la Fiat pone condizioni ben precise: tra queste ci sarebbero orari di lavoro che coprono le 24 ore, con i dovuti turni, sanzioni ai lavoratori e al sindacato in caso d’inosservanza dell’accordo, ma anche il non pagamento dell’integrazione Inps quando si registra un assenteismo anomalo. Il Lingotto punta a una nuova organizzazione su 18 turni settimanali per 6 giorni. La proposta per Pomigliano relativa a orari e organizzazione del lavoro – oltre ai 18 turni – prevede ulteriori 80 ore annuali di straordinario, lo spostamento della pausa mensa a fine turno, la riduzione delle pause dagli attuali 40 a 30 minuti, oltre a contrastare le forme “anomale” di assenteismo. Previste, inoltre, nello schema consegnato ai sindacati, clausole per il rispetto degli impegni presi (con relative sanzioni per l’organizzazione sindacale, l’Rsu o il lavoratore) e clausole integrative del contratto individuale di lavoro con l’indicazione, nei casi di violazione, di provvedimenti disciplinari e anche di licenziamenti per mancanze.
L’azienda automobilistica – questo il nodo centrale della trattativa – vuole su ogni punto il consenso unanime di tutti i sindacati e chiede che tali accordi vengano garantiti in prima persona dai sindacati stessi. Una condizione – è la replica delle associazioni dei lavoratori – che è fuori dal Contratto Nazionale di Lavoro perchè ai sindacati viene chiesto per la prima volta non soltanto di portare avanti la trattativa ma anche di cogestire la produzione, evitando ad esempio, il verificarsi di disordini o scioperi.
E’ su questo punto che la Cgil dice no e mette a serio rischio l’accordo. I sindacati polacchi, al contrario, hanno già dato la propria disponibilità all’avvio della produzione alle condizioni poste dall’azienda.
Se l’accordo dovesse saltare Pomigliano d’Arco chiuderà, come già accaduto per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. A confermarlo è lo stesso amministratore delegato del gruppo, Sergio Marchionne, “Io – ha detto Marchionne- la macchina la devo far partire. In assenza di un accordo con i sindacati lo stabilimento di Pomigliano e del gruppo Fiat è destinato a chiudere”. L’ad di Fiat ha sottolineato poi che i tempi per raggiungere un accordo “sono molto stretti”. Tempi stretti che segneranno il destino di Pomigliano, ma anche dell’intero sistema Italia.
Allarmati gli stessi sindacati: il segreatario della Cisl Raffaele Bonanni ha chiesto al segretario della Cgil Epifani di “fare il possibile per evitare il disastro”. “La Cisl è pronta e speriamo che anche altri lo siano. La Cgil che chiede a tutti di fare qualcosa per il Paese – aggiunge Bonanni – faccia qualcosa insieme a noi per il Paese”, per l’economia e per l’occupazione. “Non voglio neanche immaginare cosa significhi il non investimento della Fiat”, se il Lingotto ritirasse la sua proposta a fronte di un mancato accordo sindacale: “L’assetto industriale del centro-sud risulterebbe sconvolto”.