Aerei di Stato, le foto del cantante e della ballerina a bordo. La legge dice: decide il presidente chi viaggia con lui. Ma la legge dice anche: solo se di “rango”, per “protocollo” o per “consuetudine internazionale”. E quando Mastella imbarcò il figlio la destra tuonava: “La Casta mette le ali”

Pubblicato il 2 Giugno 2009 - 14:31| Aggiornato il 3 Giugno 2009 OLTRE 6 MESI FA

Palazzo Chigi, cioè il governo, ha tenuto a precisare, nero su bianco, con una “nota ufficiale” che, nell’uso dell’areo di Stato, «il presidente del Consiglio ha agito in piena legittimità”. Cioè non ha mai violato la legge portandosi a bordo ospiti e invitati. E’ la verità: la legge, da qualche mese riscritta dal governo, dice che, a discrezione del titolare del diritto di usare l’aereo, si può imbarcare «personale estraneo alla delegazione” in tre casi: «rango rivestito dall’ospite», oppure «esigenze protocollari» o ancora «consuetudini internazionali». In questi tre casi, a norma di legge, decide Berlusconi chi sale sull’aereo.

Il Corriere della Sera pubblica quattro nitide foto in cui si vede e si riconosce il cantante Apicella salire, volare e scendere dall’aereo di Stato e, in un’altra occasione, sempre sulla tratta Roma-Olbia, una ballerina di flamenco che gode dello stesso trattamento. La domanda è: il cantante e la ballerina sono a bordo per motivi di “rango”, “protocollari” o per “consuetudine internazionale”? Decide Berlusconi, lo dice la legge. Ma la legge dice anche come e in che limiti Berlusconi dovrebbe decidere.

Non per iscritto ma a voce da Palazzo Chigi fanno sapere: non c’è stato spreco di danaro pubblico perché il volo dell’aereo di Stato costa uguale, sia che Berlusconi viaggi solo sia che porti a bordo amici. È lo stesso argomento, fanno osservare Giannantonio Stella e Sergio Rizzo sempre sul Corriere che fu usato da Mastella quando imbarcò il figlio per portarlo a Monza al Gran Premio di Formula 1. In quei giorni, ricordano però i due giornalisti, la Padania a nome della Lega condannò e titolò. “L’inGiustizia (Mastella era ministro della Giustizia) vola al Gran Premio. E Il Giornale tuonò contro il “privilegio faraonico”. Libero di Vittorio Feltri coniò il felice titolo: “La Casta  mette le ali”.

Insomma, quando governava Prodi per la stampa italiana vicina a Berlusconi portarsi a bordo amici e parenti era la prova provata dell’arroganza della Casta. Oggi avviene il contrario: è la stampa vicina all’opposizione a puntare l’indice sul privilegio e sull’indiretta mortificazione della dignità dello Stato: i militari della scorta che portano i bagagli, gli uomini in divisa che accompagnano gli ospiti senza rango alcuno che non sia quello dell’amicizia privata con il premier in giro sulle automobiline elettriche facendo da autisti.

Scrivono Stella e Rizzo: «È probabile che Berlusconi avesse tutti i diritti mesi fa di prendere l’elicottero della Protezione civile per andarsi a fare un massaggio alla baeuty farm di Messeguè in Umbria… L’opportunità però è un’altra cosa». L’opportunità vorrebbe che gli amici del premier, qualunque premier, non usassero aerei e uomini dello Stato come taxi pagati e personale di servizio.

Foto, fatti, testimonianze, lo stesso Apicella ammette «viaggio quasi sempre sull’aereo presidenziale”, attestano che la generosità di Berlusconi, una sua virtù, si è spesso e volentieri tramutata nel vizio di esercitarsi per mezzo della cosa pubblica. Vizio tipicamente italiano, ma sempre vizio. Vizio protetto da una legge che il governo Berlusconi ha riscritto il 25 luglio del 2008 abolendo regole più restrittive scritte da Prodi. Ma questa non è un’attenuante, quella invocata da Palazzo Chigi è un’aggravante, se non di legge, di certo di stile.