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Card. Scola, Giuliano Pisapia e Raffaele Bonanni: no al lavoro di domenica

di Marco Benedetto |9 Giugno 2013 0:38

Giuliano Pisapia vuole negozi chiusi la domenica

MILANO – Per chi volesse un esempio del Medioevo che domina il cervello italiano, da Milano arriva una testimonianza contro il lavoro domenicale e in particolare la apertura dei negozi, offerta non solo da esponenti della Chiesa, come il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, la cui adesione a temi anti progresso si può comprendere con il neo pauperismo che serpeggia specie con il nuovo Papa Francesco, che ha aderito con un video messaggio.

Mancava solo Beppe Grillo, che del “saremo tutti un po’ più poveri ma anche più felici” ha fatto una bandiera.

Fa invece impressione che contro il lavoro festivo si siano espressi personaggi più o meno laici, a cominciare dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, il giornalista e presentatore tv Massimo Giletti, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, la campionessa di atletica Sara Simeoni, il sociologo Francesco Alberoni.

Che poi Massimo Giletti, che gode proprio la domenica pomeriggio di un picco acuto di popolarità proprio perché lavora, ci dovrebbe spiegare perché lui si e le commesse dei negozi no.

La notizia, diffusa dalla agenzia Ansa, dà un po’ i brividi:

“E’ stata dedicata al santificare le feste la quarta tappa dell’iniziativa ’10 piazze per 10 comandamenti’ che si è svolta sabato sera in piazza Duomo a Milano. Una piazza che si e’ trasformata in un palcoscenico dove, moderati da Massimo Giletti, si sono alternati sportivi, sindacalisti, artisti per parlare di festa e lavoro. Tema che – all’iniziativa organizzata da Rinnovamento nello Spirito Santo in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e la Cei – ha trovato d’accordo il sindaco Giuliano Pisapia e l’arcivescovo Angelo Scola.

“L’arcivescovo Angelo Scola ha ricordato che ”nessun uomo in ogni tempo e luogo può fare a meno del riposo”. E nella piazza, circondata da negozi e grandi magazzini, ha ricordato il bisogno di ‘Liberare la domenica’ per frenare l’apertura degli esercizi nei giorni di festa, anzi per ”fare festa insieme. Noi cristiani siamo convinti che non possiamo riposare da soli: il papà il venerdì, i figli la domenica, la mamma il martedì”’.

Si tratta, per il card. Scola di una questione che riguarda tutti, non solo i cattolici:

”E’ un libero contributo alla buona vita della nostra società plurale”.

 

Che un sacerdote non sappia che il diritto al riposo, per la legge italiana è sacro e irrinunciabile, proprio irrinunciabile è le violazioni costano anche care, questo lo si può capire. Si può anche capire l’ostilità al lavoro domenicale da parte dei preti, perché magari ritengono che le chiese siano vuote perché la gente va a lavorare.

Ma che un avvocato come Pisapia e un sindacalista come Bonanni fingano di non saperlo è imbarazzante per chi li sente e umiliante per loro. Vero è che i politici vivono di demagogia, anche di bassa lega. Ma che il sindaco della Grand Milan parli come Savonarola in malafede: Non bastano pochi voti, ammesso che glieli portino, a giustificare parole come queste di Pisapia:

”Non è perché manca il lavoro che dobbiamo lasciare che non ci sia più il diritto alla festa”.

Evviva evviva, tutti più poveri, appassionatamente. Sono in fondo le tesi pauperistiche anche di Beppe Grillo.

Ignorano, o fingono di ignorare, che è solo grazie a una economia sviluppata, a un benessere sempre più diffuso, che è possibile dare ai cittadini più poveri assistenza sanitaria quasi gratuita. Dovere di un buon cittadino, cristiano o laico che sia, è favorire la crescita economica, non deprimerla.

E se l’apertura dei negozi nei giorni di festa è uno stimolo, piccolo o grande che sia, alla crescita, ben venga, altro che filosofie ipocrite.

In passato, i protestanti erano molto più rigorosi dei cattolici nella osservanza del precetto festivo: nemmeno al calcio giocavano di domenica, le loro grandi città, la domenica, erano dei cupi mortori, eccezion fatta delle vecchie zone di insediamento degli immigrati di religione ebraica, che fanno festa il sabato. Poi, dopo la recessione del 90, proprio per stimolare la ripresa dei consumi, hanno cambiato idea e hanno permesso la libera apertura di chiunque lo volesse o se lo potesse permettere.

Invece, un uomo che dovrebbe essere vicino alle esigenze della industria, tutelando in essa i diritti e gli interessi dei lavoratori, e cioè il sindacalista della Cisl Raffaele Bonanni ha rincarato:

“Negli ultimi otto anni c’è stato accanimento del legislatore: bisogna tener aperti gli esercizi commerciali in modo generalizzato”.

 

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