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Lula libero! Prodi, D’Alema libertari in Brasile. Come se Macron per Berlusconi chiedesse…?

di Redazione Blitz |5 Aprile 2018 10:47

Lula libero! Prodi, D'Alema libertari in Brasile. Come se Macron per Berlusconi chiedesse...?

Lula libero! Prodi, D’Alema libertari in Brasile. Come se Macron per Berlusconi chiedesse…?

Romano Prodi; Luigi Ferrajoli; Susanna Camusso; Marina Sereni; Piero Fassino; Lia Quartapelle; Luciana Castellina; Pier Luigi Bersani; Vasco Errani; Guglielmo Epifani; Gianni Tognoni; Roberto Vecchi.

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Non contenti del disastro causato alla sinistra in Italia, privi del minimo senso del ridicolo, si sono andati a impicciare anche nei problemi internazionali. Non è che hanno dato l’altolà a Trump per la sua persecuzione degli immigrati o a Putin per le sue interferenze negli altri Paesi (magari anche in Italia, chissà…). Col tipico snobismo della sinistra da salotto, un po’ colonialisti un po’ con la puzza sotto il naso, hanno firmato un appello, informa l’agenzia di stampa Ansa, perché in Brasile vengano garantite libere elezioni consentendo anche la candidatura dell’ex presidente della Repubblica Lula alle prossime presidenziali del Brasile.

Lula, stando alla decisione della Corte Suprema di mercoledì 4 aprile. dovrebbe andare in carcere per scontare 12 anni per corruzione.

Un po’ come se, qualche anno fa, esponenti politici stranieri avessero firmato un appello per sottrarre alla pena ministri della Repubblica italiana come Tanassi o Longo.

O meglio ancora: se qualcuno nel mondo avesse firmato un appello per salvare Berlusconi o lo firmasse ora per la sua riabilitazione. Cosa avrebbero detto e cosa direbbero i suddetti firmatari?

Ecco il testo che hanno firmato:

“Da oltre 4 anni in Brasile è in corso un’iniziativa giudiziaria che ha coinvolto l’ex Presidente Lula e che rischia oggi di precipitare la democrazia brasiliana in una crisi grave e preoccupante. Riteniamo che la lotta alla corruzione sia necessaria per garantire ai cittadini un funzionamento trasparente ed efficace del sistema istituzionale e riteniamo che anche in Brasile, come in tutti i paesi democratici, per combattere efficacemente fenomeni di malcostume e impropri rapporti tra economia e politica, siano necessarie riforme politiche profonde. Ciò tanto più in un momento in cui il populismo e la demagogia investono con forza – anche se in forme diverse – praticamente tutte le democrazie avanzate”.

“Tuttavia, in nome della lotta alla corruzione non si può rischiare di mettere in crisi uno dei principi irrinunciabili della democrazia che risiede nella necessità di mantenere una distinzione ed un chiaro equilibrio tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Dopo anni di indagini e di azioni giudiziarie, in cui molti osservatori e giuristi internazionali hanno riscontrato anche elementi di persecuzione personale, infatti, non sono emerse a carico del Presidente Lula prove tali da dimostrare che egli si sia appropriato di risorse pubbliche o abbia ricattato imprese per ottenere benefici personali. Nonostante ciò, in virtù di una sentenza – discutibile e discussa anche da molti giuristi brasiliani in quanto contraddice una delle norme della Costituzione di quel Paese – che prevede la possibilità di arresto prima dell’ultimo grado di giudizio, il Presidente Lula rischia nei prossimi giorni di essere condotto in carcere”.

“Tutto questo mentre è in corso la campagna elettorale verso le Presidenziali del prossimo ottobre alla quale il Presidente Lula partecipa e, stando ai sondaggi, con notevoli possibilità di successo. Giova d’altra parte ricordare come il contesto politico brasiliano sia stato in questi anni bruscamente scosso da un procedimento di impeachment nei confronti della Presidente Dilma Rousseff che ha portato – senza nuove elezioni – ad un vero e proprio ribaltamento politico essendo il governo in carica del Presidente Temer – già vicepresidente di Dilma – un esecutivo conservatore e di destra. Siamo persone che a vario titolo hanno conosciuto l’esperienza del Governo Lula e abbiamo potuto apprezzare i cambiamenti impressi in quegli anni, soprattutto sul piano sociale. Per convinzioni ideali e politiche siamo vicini al popolo brasiliano e a tutte le forze che in quel Paese si battono per la giustizia sociale, contro la povertà, per lo sviluppo sostenibile e il progresso anche delle aree e dei ceti più deboli”. “Per tutte queste ragioni vogliamo oggi esprimere una grande preoccupazione ed un vero e proprio allarme per il rischio che la competizione elettorale democratica in un grande Paese come il Brasile venga distorta e avvelenata da azioni giudiziarie che potrebbero impedire impropriamente ad uno dei protagonisti di prendervi parte liberamente.

L’Ansa riferisce dal Brasile. Luis Inacio Lula Da Silva, il politico più popolare del Brasile e il favorito Nei sondaggi per le presidenziali dell’ottobre prossimo, può finire in carcere per scontare una pena di 12 anni: il Supremo Tribunale Federale (Stf) ha respinto una richiesta di habeas corpus presentata dagli avvocati del leader del Partito dei Lavoratori (Pt).

Come previsto, la decisione è stata presa con la più ridotta delle maggioranze possibili: è stato il voto a sorpresa del magistrato Rosa Weber che ha spostato la bilancia a sfavore di Lula, nel corso del lungo e dotto dibattito dei magistrati del Tsf che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di brasiliani per più di dieci ore. L’ex presidente chiedeva che fosse sospesa la pena che gli è stata inflitta – nove anni in prima istanza a Curitiba, diventati 12 in appello a Porto Alegre – per corruzione passiva e riciclaggio, finché i suoi legali non avranno esaurito ogni possibile ricorso contro la sentenza.

La risposta è stata negativa, per 6 voti contro 5. Sebbene l’hashtag #LulaPresoAmanha (Lula in carcere domani) ha scalato la classifica su Twitter durante la giornata, è poco probabile che l’ex presidente sia arrestato nelle prossime ore. Tanto per cominciare, i suoi avvocati hanno tempo fino al 10 aprile per presentare un ricorso contro la decisione del Tsf.

Resta però che la sentenza di oggi segna un duro colpo per Lula e per il Pt, che deve cominciare a preparare una candidatura alternativa per le presidenziali, mantenendo però alta la bandiera del suo leader, che continua a proclamare la sua innocenza mentre i suoi compagni lanciano un nuovo slogan: “Lula vale la lotta!”. La decisione del Tsf ha anche un impatto immediato sulla crescente polarizzazione dell’opinione pubblica brasiliana, ogni volta più schierata con la stessa contrapposizione totale delle folle di manifestanti che si sono affrontate a Brasilia, davanti alla sede dell’Alta corte: per alcuni Lula è il simbolo della corruzione politica, per altri è un eroe popolare vittima di una cospirazione golpista.

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