Presidente della Repubblica, toto-nomi: 17 da Prodi a Veltroni nuovo che avanza

di Sergio Carli
Pubblicato il 14 Gennaio 2015 - 13:28 OLTRE 6 MESI FA
Presidente della Repubblica: 17 in lista da Prodi a Veltroni il nuovo che avanza

Walter Veltroni. A Berlusconi non dispiace, anzi. Ma perché?

ROMA – La lista dei possibili presidenti della Repubblica è di 17 nomi, al mattino del 14 gennaio 2015, quando Giorgio Napolitano ha lasciato il Quirinale dopo 9 anni.

Mettendo assieme i candidati schierati sui vari giornali e siti, ecco l’elenco, in ordine alfabetico:

Giuliano Amato, Franco Bassanini, Raffaele Cantone, Marta Cartabia, Sabino Cassese, Pierluigi Castagnetti, Graziano Delrio, Piero Fassino, Anna Finocchiaro, Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Pietro Grasso, Sergio Mattarella, Romano Prodi, Paola Severino, Walter Veltroni, Ignazio Visco.

Gli allibratori li danno a punteggi diversi, i più favoriti sono, nell’ordine:

Veltroni, Mattarella, Castagnetti, Finocchiaro, Gentiloni.

Mancano due settimane al 29 gennaio, quando alle 3 del pomeriggio il Parlamento in seduta comune e integrato dai rappresentanti delle Regioni, inizierà a votare.

Wanda Marra, sul Fatto, ne elenca molti e commenta:

“Le trattative sono in corso, con Luca Lotti che tiene il pallottoliere, chiedendo a ogni parlamentare Pd quale sia il nome che preferisce. Una sorta di primarie interne, che poi dovrebbe portare a proporre una figura. Tutte cose che da Palazzo Chigi stanno facendo,nella speranza di gestire, disinnescare e cuocere a fuoco lento il dissenso e le relative bande di potenziali franchi tiratori. A Strasburgo Matteo Renzi ha raffinato l’identikit: il prossimo presidente sarà “un arbitro saggio” e “una personalità di grande livello”. Spiegando che “non è il giocatore di una delle due squadre”.
“Tradotto: la figura a cui starebbe pensando è qualcuno ormai fuori dalla vita politica, senza incarichi. Non a caso, i rumors che arrivano dai fedelissimi raccontano che Renzi potrebbe convocare un’Assemblea dei grandi elettori democratici la sera prima del primo voto, previsto per giovedì 29. Per provare a proporre un nome secco, da mandare in buca al primo colpo: Sergio Mattarella (nessun incarico in politica adesso), [il più quotato] e a seguire Pierluigi Castagnetti, che con Matteo ha un ottimo rapporto, sa di politica e non dispiace a Berlusconi e Walter Veltroni, più ingombrante, per il premier, ma più noto.
I giochi si sovrappongono: Lotti sta sondando Forza Italia sul nome del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni. Massimo D’Alema lavora per la Severino. Anna Finocchiaro e Giuliano Amato hanno le loro truppe di fedelissimi. Dario Franceschini dalla sua ha una vera falange. Pietro Grasso spera di rendere permanente la supplenza. E poi, ci sono Sabino Cassese, Franco Bassanini, Graziano Delrio, Raffaele Cantone, il magistrato che ha voluto al’Anac e che promuove in ogni sede. Secondo lo schema classico del presidente del Consiglio sarebbe il candidato ideale: popolare, di certo competente nel suo campo, ma anche una figura che, quanto meno per inesperienza in campo istituzionale, non gli sarebbe d’ostacolo nei fatti. Certo, però, visto che serve una figura autorevole in Europa, la cosa si fa più complicata.
Altri due nomi della rosa per i dem sono quelli di Piero Fassino e di Romano Prodi, che è decisamente troppo ingombrante per Renzi, ma che oltre a essere molto spinto dall’interno, gode anche di appoggi internazionali per arrivare al Quirinale”.

Per Francesco Bei, su Repubblica, “Veltroni e Mattarella in pole” e questo è anche il risultato di un faccia a faccia tra Matteo Renzi e Berllusconi svoltosi il 19 dicembre, “lontano da Roma”:

“Dal poco che filtra su quell’incontro misterioso sembra che il capo del Governo si sia presentato all’appuntamento preliminare mettendo sul tavolo quattro nomi. Senza trovare resistenze o veti su nessuno di essi. Un quadrifoglio composto da Walter Veltroni, primo segretario del Pd, da Sergio Mattarella, giudice costituzionale, da Pierluigi Castagnetti, ex segretario del Ppi e da Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato. Di questi quattro papabili, nella discussione, due sarebbe emersi come testa di lista: Veltroni e Mattarella. Il primo certamente più in linea con il corso renziano, anche se con una personalità potenzialmente ingombrante, in grado di fare ombra al premier. L’altro, Mattarella, con un profilo politico meno marcato, ma capace di intercettare le simpatie della sinistra del partito. Persino di Massimo D’Alema, con cui l’ex ministro della sinistra Dc, che diede il nome alla legge elettorale della seconda repubblica, Sergio Mattarella è rimasto sempre in buoni rapporti.

Nelle chiacchiere tra renziani si sono nel frattempo aggiunti altri due nomi di papabili, il sempreverde Graziano Delrio e — come outsider — la giudice costituzionale Marta Cartabia, cattolica, nominata alla Corte da Giorgio Napolitano”.

Poi ci sono i nomi di Fassino e Prodi. Per Fassino l’aria non è delle migliori:

“Raccontano che nei capannelli della minoranza dem a Montecitorio passasse di mano in mano una fotografia di Piero Fassino, al tempo già sindaco di Torino, seduto a terra insieme ad alcuni ragazzi ad ascoltare un comizio di Renzi. Un segno di presunta sudditanza che ancora i bersaniani non hanno dimenticato. Per la stessa ragione continua a circolare il nome di Romano Prodi: i deputati grillini e di Sel continuano a essere avvicinati dai colleghi della minoranza dem che li implorano di votare fin dai primi scrutini per il Professore. Un modo per far crescere la sua candidatura e gettarla tra i piedi di Renzi per provare a far saltare l’intesa con Berlusconi. Una parte non marginale di Forza Italia pensa di aggiungersi a questo schema, preferendo un presidente come Prodi, l’unico considerato grado di opporsi a una richiesta di scioglimento anticipato proveniente da palazzo Chigi, rispetto a un candidato sulla carta più manipolabile dal premier”.

Francesco Verderami sul Corriere della Sera:

“Si vedrà se il leader del Pd riuscirà ad arrivare puntuale all’appuntamento, «alla quarta votazione avremo il nuovo capo dello Stato», o se la sua scommessa si rivelerà un azzardo. Molto dipenderà dal grado di tenuta del capo dei forzisti ma soprattutto dalla tattica che verrà adottata per evitare le insidie del voto segreto.
Berlusconi, in attesa di sapere cosa disporrà Renzi sul Quirinale, si sporge dai camminamenti della sua fortezza di Arcore per scorgere la sagoma di un messaggero: da quel deserto, d’altronde, non arrivano più nemici ma solo un ufficiale di collegamento. È Verdini. È lui che spiega a Berlusconi come comportarsi: “Renzi ti proporrà una serie di candidati e noi potremo scegliere”.
Sui fogli in mano a Berlusconi i nomi dei quirinabili sono: Mattarella, Gentiloni, Fassino ma Berlusconi storce il naso. In realtà, in fondo al sentiero che porta alla presidenza della Repubblica, quella terna (forse) nasconde il vero candidato.

Il Colle del Quirinale visto da Arcore è un santuario laico da cui Berlusconi si attende il miracolo.,
Fassino – per accreditarsi – gli ha fatto sapere che da Guardasigilli non ebbe mai alcun atto ostile contro di lui sulla giustizia, «e quanto a standing internazionale sono stato ministro del Commercio estero». Persino Prodi gli manda a dire. O meglio, alcuni prodiani – non si sa se autorizzati o mossi da iniziativa personale – hanno contattato rappresentanti berlusconiani del mondo dello spettacolo e dell’informazione per affidare un pensiero da consegnare al Cavaliere. Prodi ha detto a più riprese di non essere «in corsa» ma «in corsa» lo potrebbero sospingere gli avversari di Renzi nelle prime tre votazioni, quelle in cui il premier ha dichiarato che «si voterà scheda bianca», quelle in cui il leader del Pd sarà maggiormente vulnerabile. Se il Professore iniziasse a salire nei consensi sarebbe complicato arrestarne poi la marcia.
Renzi, per parare il colpo e fermare la corsa del fondatore dell’Ulivo, medita di lanciare in pista il primo segretario del Pd, quel Veltroni che – per dirla con autorevoli membri del governo – «più sta fermo più sta dentro i giochi». Se così fosse, gli oppositori interni di Renzi avrebbero difficoltà a respingere la proposta del loro segretario. Se così fosse, altro che terna: vorrebbe dire che Berlusconi qualche garanzia deve averla data sul candidato secco.
Tra i ranghi forzisti c’è chi sottovoce si mostra disponibile a votare eventualmente Veltroni, accreditando di fatto la tesi che la debolezza politica di Berlusconi lo porterebbe ad accettare anche «un esponente del Pd» pur di stare in gioco. Ma è questo il vero gioco o la soluzione ventilata da Palazzo Chigi è una mossa tattica, fatta nell’urgenza del momento, per stoppare gli oppositori di Renzi?
Tra tanti interrogativi, una cosa è certa: Renzi oltre la sesta chiama potrebbe perdere il controllo della situazione in Parlamento, perciò ha bisogno di presentarsi ai blocchi di partenza con un candidato forte. I rischi di un protrarsi della corsa sono stati analizzati a Palazzo Chigi come ad Arcore, dove a Berlusconi è stato prospettato che – in caso di stallo – potrebbe prendere corpo anche la candidatura di Pietro Grasso. Raccontano che Berlusconi abbia avuto un sobbalzo: «Un magistrato anche al Quirinale? Ci manca questo». Fosse per lui, un nome ci sarebbe, uno che gli fa ricordare la sua gioventù politica: «Tra tutti, l’unico è D’Alema ad avere il profilo dell’uomo di Stato. E sarebbe garante degli accordi. Ma purtroppo…». Purtroppo Renzi non lo vuole. E se invece fosse Veltroni?”

Ma perché Veltroni piace tanto a Berlusconi? Possibile che gli eroi della resistenza anti Berlusconi non se lo chiedano mai?