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Salva-Berlusconi. Sono di Denis Verdini le impronte della “manina”?

di Warsamé Dini Casali |8 Gennaio 2015 18:47

Salva-Berlusconi. Portano a Denis Verdini le impronte sulla “manina”

ROMA – Salva-Berlusconi. Portano a Denis Verdini le impronte sulla “manina”? Solo indizi, niente prove nel giallo natalizio della norma cosiddetta salva-Berlusconi: delle impronte della “manina” che l’ha inserita di soppiatto e a tradimento (?) non c’è traccia negli archivi della Polizia. In assenza di astronomi accontentiamoci degli astrologi: tutti i segni, lo zodiaco non mente, portano a Denis Verdini, plenipotenziario di Berlusconi nel patto del Nazareno.

È purtroppo vero che dietro ogni malefatta reale o presunta, a ogni scambio più o meno confessabile tendiamo a scorgere sempre il profilo sorridente del fiorentino Verdini, amico di tutti, da Berlusconi a Renzi, a Luca Lotti, a Maria Elena Boschi…e la margherita è lunga da sfogliare, anzi il giglio, il giglio magico.

E’ altrettanto vero che udir gridare in Parlamento da Alessandro Di Battista dei 5 Stelle che “Palazzo Chigi è come i rioni della camorra, è stato Verdini a inserirla” fa immediatamente rimpiangere di non esser mai stati invitati a una delle brillanti e luculliane cene per cui è famoso il secondo toscano più famoso del momento (sì anche di Benigni).

Ricapitoliamo. Prima la norma, come spesso accade, è figlia di nessuno. Non ne sapevo niente è il refrain a diversi gradi di indignazione (il più colpito è Padoan che Dagospia ha fatto entrare nel complotto perché, per digerire la norma, gli avrebbero promesso il Colle).

Appena la polemica supera il livello di guardia (si confidava nel silenzio natalizio dei media) Matteo Renzi, che è un finto giovane quanto ad astuzia politica, si dichiara colpevole: in un colpo solo ammette l’errore promettendo la riparazione (quando?) e ci si fa sempre una gran figura, difende i sottoposti e se ne assicura la lealtà (vedi Antonella Manzione catapultata da una vigileria urbana ben avviata a Firenze a capo dell’ufficio legislativo del governo, la vera stanza dei bottoni).

Dicendo che sì, la manina è mia, Renzi si fa reo confesso di un delitto potenziale. E intanto ha lanciato il segnale atteso da chi, dall’altra parte del tavolo del Nazareno, comincia a non fidarsi più. Da chi? Ma da Denis Verdini, che il suo di segnale l’ha mandato il 20 dicembre, prima della manina, “quando a palazzo Madama, nella notte, Forza Italia vota una sorta di salva-Renzi, consentendo cioè al governo di non andare sotto sulla legge di stabilità e poi di incardinare la legge elettorale secondo i desideri di palazzo Chigi” (Alessandro De Angelis, Huffington Post).

La sera del 24 dicembre Renzi telefona a Berlusconi per il tradizionale scambio dei segnali. Di Renzi ci si può fidare. Non è andata, questa volta. Ma c’è tempo, si compiacciono Berlusconi pensando alla sua agibilità politica (è una ginnastica per ultrasettantenni?) e Verdini contemplando le rovine del Credito Cooperativo Fiorentino, il cui crack, secondo i giudici, è frutto di una frode allo Stato. Più o meno del 3% del suo reddito?

 

 

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