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Toto Riina dal carcere: “Incominciamo da Di Matteo”. Il video di Repubblica

di Gianluca Pace |21 Gennaio 2014 18:31

Toto Riina dal carcere: “Incominciamo da Di Matteo”. Il video di Repubblica

ROMA, 21 GEN – “Incominciamo da Di Matteo…” E’ il 16 novembre 2013, il boss Totò Riina è nel carcere milanese di Opera, a passeggio nell’ora d’aria con il detenuto pugliese Alberto Lorusso, un affiliato della Sacra Corona Unita. Con lui Riina si sfoga, parla e ordina anche un attentato contro Nino Di Matteo, il pubblico ministero che indaga sui misteri della trattativa fra lo Stato e la mafia. Oggi Repubblica ha pubblicato gran parte dei dialoghi intercettati tra Toto Riina e Lorusso. Riina parla di tutto con Lorusso, ufficialmente un affiliato della Sacra Corona Unita ma qualcuno lo indica come uno legato agli “apparati polizieschi”, come scrive anche Repubblica.

Ecco tutti i dialoghi pubblicati:

Su Nino Di Matteo

“Deve succedere un manicomio, deve succedere per forza, se io restavo sempre fuori, io continuavo a fare un macello, continuavo al massimo livello” dice Riina. “Noi abbiamo un arsenale” gli risponde Lorusso.

“E allora organizziamola questa cosa… Facciamola grossa e non ne parliamo più” minaccia Totò Riina il 16 novembre, alle 9.30. “”Perché questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta, e allora se fosse possibile ucciderlo, un’esecuzione come a quel tempo a Palermo, con i militari”. Di Matteo è un’ossessione per Riina:

“Vedi, vedi… si mette là davanti, mi guarda con gli occhi puntati ma a me non mi intimorisce, mi sta facendo uscire pazzo… come ti verrei ad ammazzare a te, come a prendere tonni. Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono. Ancora ci insisti? Minchia…. perché me lo sono tolto il vizio? Me lo toglierei il vizio? Inizierei domani mattina”.

“Questo Di Matteo, questo disonorato, questo prende pure il presidente della Repubblica… Questo prende un gioco sporco che gli costerà caro, perché sta facendo carriera su questo processo di trattativa… Se gli va male questo processo lui viene emarginato “.

“Io penso che lui la pagherà pure – continua Riina – Lo sapete come gli finisce a questo la carriera? Come gliel’hanno fatta finire a quello palermitano, a quello… Scaglione (il procuratore ucciso a Palermo nel 1970 ndr), a questo gli finisce lo stesso”.

Poi Riina parla anche del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del suo coinvolgimento nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia:

“Dicevano che il presidente della Repubblica non deve andare a testimoniare, ci sono un sacco di politici, partiti, che dicono che non deve andare a testimoniare” gli confida Lorusso.

“Fanno bene, fanno bene.. ci danno una mazzata… ci vuole una mazzata nella corna a quelli di Palermo” risponde Riina. “Sono tutti con Napolitano, lui è il Presidente della Repubblica e non ci deve andare” gli spiega Lorusso. iina azzarda: “Io penso che qualcosa si è rotto…”.+

Berlusconi e i Graviano

Il 6 agosto, Riina chiede a Lorusso cosa dicono i telegiornali di quel “buffone” di Berlusconi.

“Noi su Berlusconi abbiamo un diritto: sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo” spiega Riina. E aggiunge: “Non lo ammazziamo però perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto”.

Qualche mese più tardi, il 25 ottobre Riina parla ancora di Berlusconi:

Scrive Repubblica:

E anche dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, i boss di Brancaccio sospettati di avere avuto molti contatti economici con l’imprenditoria di Milano. Di loro dice: “Avevano Berlusconi… certe volte…”. Segue un’altra parola, incomprensibile. Ma, adesso, Riina lascia intendere che ha qualche riserva anche sui suoi fedelissimi di un tempo, i Graviano.

Su Matteo Messina Denaro

“Questo fa i pali della luce  –  dice Riina, riferendosi al business dell’energia eolica in cui Messina Denaro è coinvolto  –  ci farebbe più figura se se la mettesse in culo la luce”. E lo accusa di interessarsi solo ai suoi affari. “Fa pali per prendere soldi”, dice.

Le stragi di Capaci e via D’Amelio

“Loro pensavano che io ero un analfabeticchio, così la cosa è stata dolorante, veramente fu tremenda, quanto non se lo immaginavano” confida Riina a Lorusso. “Abbiamo cominciato a sorvegliare, andare e venire da lì, dall’aeroporto… siamo andati a Roma, non ci andava nessuno, non è a Palermo…. fammi sapere quando può arrivare in questi giorni qua. Andammo a tentoni, fammi sapere quando prende l’aereo”.

Poi su Borsellino:

“Cinquantasette giorni dopo, minchia, la notizia l’hanno trovata là dentro… l’hanno sentita dire… domenica deve andare da sua madre, deve venire da sua madre… gli ho detto… ah sì, allora preparati, aspettiamolo lì”.

Scrive Repubblica:

Chi aveva comunicato ai mafiosi che Borsellino sarebbe andato da sua madre domenica pomeriggio? Riina fa riferimento a “quello della luce… anche perché … sistemati, devono essere tutte le cose pronte, tutte, tutte, logicamente si sono fatti trovare pronti. Gli ho detto: “Se serve mettigli qualche cento chili in più…”. E dopo la strage del 19 luglio, il mistero della scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. “Si fottono l’agenda, si fottono l’agenda”. Ma chi? Anche questo resta un mistero.

Il Papa e la grazia

“Io cerco la grazia – dice Riina – Ma chi me la deve dare la grazia? Come me la devono dare? Minchia loro non sanno, non sanno, ma il Signore gliela paga, gliela ripaga pure a loro”. E alla fine cita il Pontefice “Questo è buono, questo papa è troppo bravo”.

La mail segreta

Scrive Repubblica:

Totò Riina e Alberto Lorusso sono a conoscenza di una mail girata riservatamente sui pc di tutti i procuratori di Palermo. Ne fanno cenno, ricordando che i magistrati  –  qualche mese fa  –  volevano arrivare tutti in aula al processo sulla trattativa per solidarietà con Nino Di Matteo. Notizia segretissima. Eppure Totò Riina e il suo amico Lorusso, tutti e due al 41 bis, la conoscevano.

Il video di Repubblica:

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